Dunque, è passato.
È passata la sposa, i suoi (forse) 27 abiti, le centinaia di invitati. È passato il più grande campione del football americano che si improvvisa DJ, Orlando Bloom senza Katy Perry, Leonardo DiCaprio che fatica a conciliare la sua immagine di paladino delle lotte ecologiste con il desiderio di partecipare al party gentilmente offerto da uno dei più grandi inquinatori del mondo. Sono passate le proteste dei veneziani (partecipate, pur se non oceaniche: si parla di qualche migliaio di persone).
I jet privati sono ripartiti.
Venezia è ancora lì, meravigliosa e impossibile come sempre.
Resta qualche riflessione sul matrimonio dell’anno (almeno per quel che concerne la ricaduta mediatica), come quelle offerte da Laura Di Corcia nella conversazione con Daniel Bilenko. Poetessa e scrittrice mendrisiense, Di Corcia ha voluto rimettere al centro della discussione quello che, secondo lei, è il punto fondamentale, almeno dal punto di vista simbolico.
Daniel Bilenko: Dunque, è solo una questione di ricchezza ostentata?
Laura Di Corcia: Il problema, a Venezia come in altre città turistiche – penso alle proteste contro il turismo a Barcellona, ad esempio – è la privatizzazione di spazi pubblici. È questo, secondo me, il cuore della protesta, al di là delle controversie che il marchio Amazon porta con sé e che tutti conosciamo: le tasse, i problemi nel trattare il personale… Il punto è l’inglobare, da parte di cittadini molto ricchi, spazi che dovrebbero essere di tutti non solo appannaggio loro. Invece sentiamo che questo diritto si sta erodendo, che i centri delle città più belle stanno diventando appannaggio dei privati, dei super ricchi. Per fortuna c’è un movimento di protesta che cerca di tutelare il bene comune.
Mi è venuto in mente stamattina un libro di un sociologo di Monte Carasso, Graziano Pestoni, un sindacalista che anni fa aveva scritto un libro sulle privatizzazioni, tratteggiando molto bene la cornice storica da cui parte questo tipo di movimento. Lui, partendo dalla Thatcher e dalle politiche liberiste degli anni Ottanta, è arrivato a dire che le privatizzazioni si stanno mangiando gran parte dello spazio pubblico, inteso anche come servizi: le Poste le ferrovie eccetera. Questo toglie potere ai cittadini comuni, inevitabilmente.
Cito un passaggio dei Miserabili di Victor Hugo: «La legge, nella sua maestosa uguaglianza, proibisce tanto ai ricchi quanto ai poveri di dormire sotto i ponti». Adesso invece, i ponti se li comprano i ricchi, e ci fanno le feste sopra.
Preparativi delle nozze di Jeff Bezos (4./5)
In altre parole 26.06.2025, 08:18
Contenuto audio
Un altro pezzo interessante di ragionamento l’ha portato Massimo Cacciari, l’ex sindaco di Venezia, professore universitario… è uno che ama la sua città, però è anche un iconoclasta. Non è che si allinea a un’ideologia. Quindi sì, lui simpatizza per il movimento dei “No Bezos”, però sottolinea che vengono dette anche una montagna di sciocchezze. In un’intervista a Giampaolo Visetti di Repubblica dice «Se si infilano in un frullatore Bezos, Venezia, le guerre, Trump, le ingiustizie, la distruzione del pianeta, il capitalismo, l’evasione fiscale, l’overtourism, il lusso... esce un liquido in cui nulla è più distinguibile. La confusione mira a impedire la comprensione dei problemi.» Allora, su questo concordo. Cioè, c’è una strategia proprio a livello macro – politico, linguistico, sociale – che punta a confondere le acque. Però sulla confusione di chi protesta non sono necessariamente d’accordo.
Secondo me tanti fenomeni del reale hanno una matrice comune, e trovare questa matrice comune significa avere più chiarezza. Poi certo, dalla chiarezza al fare veramente qualcosa, al riuscire ad agire sulla realtà, ci passano in mezzo – come dire –fiumi, mari, laghi.
Ma tornando al matrimonio, vorrei aggiungere un’altra considerazione sulla bellezza. È sempre esistita, anche in passato, la bellezza davanti alla quale il popolo apriva la bocca stupito. Bellezza anche architettonica, degli edifici… pensiamo, tanto per fare un esempio, a Versailles. Ecco, la bellezza in questo caso diventa ancora una volta spettacolo. È un’esperienza senza profondità, non è più un’esperienza congiunta al bene, come avrebbe detto Platone. Dobbiamo un po’ tornare ai filosofi greci qui, secondo me. Non è più quel tipo di esperienza ma diventa patina, vetrina…
Selfie senza profondità. E dunque, ecco questo tripudio ripugnante della visibilità a Venezia. Siamo passati dalla Morte a Venezia, dalla Venezia di Brodskij, di Visconti, di Thomas Mann a… Il matrimonio a Venezia. Ecco, sarebbe un romanzo di serie Z, da scrivere. O forse da censurare ancora prima di mettersi a farlo e pensarlo.