Ambiente

Il faggio, l’albero dalla pelle d’elefante

Il faggio è l’albero di latifoglie più comune in Svizzera. Forte e maestoso, potrebbe rivelarsi fragile al cospetto dei cambiamenti climatici

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23:48

Faggio

Liber 27.06.2025, 10:55

  • RSI-GDA / Davide Conconi
  • Daniel Bilenko
Di: red. giardino di Albert/Davide Conconi 

L’avete riconosciuto....l’elefante nella fotografia? La botanica e fitoterapista Antonella Borsari che accompagna Daniel Bilenko nei boschi alla scoperta di faggi, faggete e particolarità del mondo vegetale (10 puntate con alberi in natura, pittura, poesia e musica) ricorda che “la struttura e il colore di questa corteccia ricorda molto la pelle di un elefante”. E noi un elefante lo abbiamo scovato travestito da faggio alla Bellavista sul Monte Generoso.

Il faggio è sopravvissuto in modeste popolazioni alle condizioni climatiche sfavorevoli presenti durante le glaciazioni e i periodi interglaciali che si sono succeduti negli ultimi milioni di anni. Durante quel lungo periodo ha costituito sempre una presenza marginale nel contesto della vegetazione europea. Poi, dopo l’ultima glaciazione qualcosa è cambiato, radicalmente, determinando un fenomenale successo competitivo di questa specie sulle altre. Non ci sono altre specie arboree che hanno avuto un ruolo così dominante e unico nel suo genere come il faggio. 

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Vigore e bellezza dei faggi della Bellavista (Mte. Generoso)

  • RSI-GDA / Davide Conconi

Oggi è presente in Svizzera praticamente dappertutto, dalle quote collinari a quelle montane, in ambienti molto diversi fra di loro dal punto di vista della qualità della roccia madre, dell’intensità di soleggiamento e della quantità d’acqua. Evita solo gli estremi, cioè suoli inzuppati o troppo aridi. Il faggio ce lo immaginiamo spesso come un maestoso albero ben piantato al suolo con possenti radici. Il nostro faggio preferito lo possiamo andare a trovare più e più volte, nelle diverse stagioni, sempre lì, saldamente aggrappato al fazzoletto di terra dov’è cresciuto. Eppure, se abbandoniamo il punto di vista del singolo individuo e lo allarghiamo a quello della specie, proprio il faggio ci insegna che gli alberi si spostano, eccome si spostano! Alla fine della glaciazione Würm - l’ultima della serie - circa 12’000 anni fa (semplificando un po’ con l’accetta…la metafora ci sta visto che parliamo di alberi…), dai suoi rifugi posti nel sud e sud-est d’ Europa questa specie si è espansa verso nord e verso ovest, lungo corridoi che attraversano il continente, andando a colonizzare territori molto diversi fra loro. Il faggio nei suoi spostamenti ha così raggiunto, percorrendo 2’500 chilometri e impiegando 6’000 anni, le coste del nord della Germania dove oggi forma foreste primarie sulle coste a strapiombo sul mar Baltico. Più o meno sei millenni fa ha raggiunto anche la Svizzera orientale. Ha poi impiegato mille anni per attraversare il Paese e raggiungere la catena montuosa del Giura dove oggi forma estese foreste. 3000 anni fa ha raggiunto le coste britanniche, dove la sua espansione verso nord continua tuttora, a dimostrazione che le piante non stanno mai ferme. I ricercatori hanno anche potuto stimare la velocità di migrazione, pari a 150-280 metri all’anno, con balzi anche di 22 chilometri grazie al trasporto di frutti e semi da parte degli uccelli. Sono proprio i frutti della pianta che permettono al faggio di muoversi. La specie approfitta del “passaggio” fornito dagli animali, ricompensandoli con frutti dalle elevate qualità nutritive.

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Ai bordi della Foresta di Jasmund (UNESCO), faggi in bilico sul mar Baltico

  • IMAGO/imagebroker

Un successo determinato dall’uomo?

Il fatto che il faggio sia stato aiutato dall’essere umano ad avere tanto successo è ancora oggi un fatto dibattuto e controverso fra gli specialisti. Le analisi genetiche e paleobotaniche hanno permesso di ricostruire in dettaglio il percorso di ricolonizzazione e di espansione dopo la fusione dei ghiacci. Indubbiamente, il fatto che le culture neolitiche abbiano imparato a conoscere il valore per la propria sussistenza del faggio, potrebbe suffragare l’ipotesi che l’essere umano ne abbia favorito l’espansione. Infatti, il suo legno duro è ottimo per la costruzione, per la falegnameria o per ricavare energia direttamente o tramite la sua carbonizzazione che produce un carbone molto pregiato. I frutti molto nutrienti sono un ottimo foraggio per gli animali allevati e direttamente un alimento per le persone, soprattutto in tempi di carestia. Tuttavia, la posizione dominante del faggio nei boschi dell’Europa centrale potrebbe anche essere il frutto di fattori naturali e non antropici: per esempio, l’instaurarsi, dopo la fusione dei ghiacci in Europa, di un clima favorevole alla specie o a un certo punto l’apparizione di un ceppo di faggio particolarmente competitivo.

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il frutto del faggio: le faggiole

  • IMAGO / Dreamstime

Faggiole e pasciona

I frutti del faggio sono chiamate faggiole (o faggine) e sembrano delle piccole castagne a sezione triangolare, poste all’interno di un guscio ricoperto da morbidi aculei. Le faggiole evocano una somiglianza familiare con le castagne. Infatti, il castagno - che sarà l’albero protagonista di un nostro prossimo articolo - e il faggio appartengono alla stessa famiglia botanica: le Fagacee. Le faggiole sono molto nutrienti, sono costituite da preziose proteine e fino al 20% del proprio peso da un olio che si conserva a lungo. Queste piccole castagne erano parte della dieta dei nostri antenati e in tempi più recenti hanno aiutato a superare periodi di carestia. Tuttavia, è necessario sapere che contengono delle tossine, perciò è importante scaldarle prima di consumarle .  I faggi producono tutti gli anni delle faggiole. Tuttavia, tenuto conto delle condizioni meteorologiche, dell’altitudine e dell’ubicazione geografica, le foreste di faggio possono produrre periodicamente frutti in abbondanza. Questo fenomeno è denominato la pasciona del faggio che alle nostre latitudini, a seconda dei fattori ambientali, può avvenire ciclicamente, ma irregolarmente, ogni 2-8 anni. L’abbondante fruttificazione (il termine “pasciona” si applica anche ad altri alberi) ha un effetto molto incisivo sulla fauna che si nutre delle faggiole: roditori, ungulati e uccelli, per esempio. A seguito dei fenomeni di pasciona è possibile poi osservare oscillazioni di densità di popolazione di molte specie animali, come per esempio di roditori, seguiti poi dalle fluttuazioni di popolazione dei loro predatori. A proposito di uccelli. Ciclicamente fa notizia l’osservazione di enormi stormi di peppole  - un passeriforme che nidifica nelle foreste del nord Europa – che svernano lungo il Giura o nelle Prealpi friburghesi. Ebbene, questi enormi raggruppamenti che possono assommare anche decine di milioni di uccellini, si formano man mano che le peppole in provenienza dal nord Europa si concentrano nelle zone dove c’è stata una pasciona del faggio e c’è abbondante disponibilità di faggiole, il loro cibo principale d’inverno.

02:08

Due milioni di peppole fanno tappa nel Giura

Telegiornale 04.01.2019, 21:00

  • IMAGO/Zoonar

Un gigante minacciato

Finora abbiamo scritto di una storia di successo, il faggio alla fine dell’ultima glaciazione ha avuto una formidabile espansione ed è diventato un albero dominante nelle foreste dell’Europa centrale. Oggi forma ecosistemi molto importanti per la stabilità del territorio e per la ricchezza biologica dei contenuti. Ma, tutto questo potrebbe cambiare drasticamente perché subisce la minaccia dei cambiamenti climatici. Infatti, i modelli climatici futuri prevedono anche alle nostre latitudini il susseguirsi sempre più serrato di periodi di siccità, periodi particolarmente temuti proprio dal faggio. A dimostrazione di questa fragilità vi è l’alta mortalità di questa pianta registrata durante i periodi siccitosi che hanno colpito recentemente il nord delle Alpi. Fortunatamente anche l’UNESCO nel 2007, con l’inclusione delle prime componenti nella Lista del Patrimonio Mondiale, ha ufficialmente riconosciuto il valore universale eccezionale delle faggete primarie e antiche d’Europa. Tra queste, dal 2022, figurano anche la faggeta delle valli di Lodano, Busai e del Soladino, valli inserite sulla sponda destra della Valle Maggia, e quella sul Bettlachstock, situata nel cantone Soletta. I siti UNESCO assieme alle Riserve Forestali cantonali sono oggi particolarmente importanti per tutelare la diversità genetica della specie. Fra gli alberi che crescono nelle aree protette potrebbe esserci l’albero o il gruppo di alberi in grado di resistere ai cambiamenti in atto e permettere la conservazione della specie. 

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La mossa del faggio

Il giardino di Albert 14.12.2024, 17:00

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