Prendiamo spunto dalla puntata di “Alphaville” – che potete ascoltare nell’apertura di questo articolo - andata in onda su Rete Due qualche giorno fa, per approfondire la conoscenza della civetta.

I rustici in campagna costituiscono elementi fondamentali per l'habitat della civetta
Una simbologia controversa ma minacce reali
La civetta (Athene noctua Scopoli) è un piccolo rapace notturno che a malapena supera i 20 centimetri di lunghezza e i 50-60 di apertura alare. Ha la testa appiattita, senza i caratteristici ciuffi auricolari del gufo; in compenso possiede brillantissimi occhi gialli e uno sguardo penetrante. Da millenni questo strigide (appartenente alla famiglia degli Strigidae) è il simbolo di saggezza e mistero. Presso gli antichi greci era sacra ad Atena, dea della sapienza. Invece, nelle campagne europee ha spesso assunto connotazioni più oscure e negative legate ai miti della morte e dell’occulto. Dalle nostre parti era nientemeno che portatrice di sciagure.

A proposito di simbolo: la civetta è raffigurata sulla moneta greca da 1 Euro
Al di là del simbolismo, la civetta è un animale in carne ed ossa e un importantissimo predatore di invertebrati, insetti, uccelli e piccoli mammiferi. Insomma, la civetta, se guardiamo ai fatti, alla sua ecologia, è sempre stata una preziosa alleata dell’uomo, soprattutto nel contesto agricolo, perché è un attore importante del controllo dei parassiti delle coltivazioni. Per questa ragione, ama vivere negli spazi aperti modellati dall’uomo per ricavarne terre per l’allevamento e la coltivazione. Prati estensivi, coltivazioni bordate da siepi naturali, frutteti e i rustici costituiscono l’habitat prediletto di questo rapace notturno. Purtroppo, la civetta, soprattutto a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, in Svizzera è stata tradita dai suoi migliori alleati da sempre: l’uomo e l’ambiente agricolo, entrambi travolti da cambiamenti epocali che hanno portato a cambiare i metodi di coltivazione e lo stile di vita delle persone, finanche la struttura degli edifici presenti nelle aree agricole. E anche con questa chiave di lettura, il valore di simbolo della civetta non viene meno, perché le difficoltà che colpirono questo strigide, furono condivise da tutte le specie tipiche delle zone agricole.

L'architettura tradizionale è "amica" della civetta, qui fotografata dall'abilissimo fotografo di civette e birdwatcher Aldo Tonelli in un in un rosone a Pozzonovo (PD, Italia)
Il declino in Svizzera
A metà del Novecento, la civetta contava oltre mille territori in tutto il Paese. Ma l’intensificazione dell’agricoltura, la scomparsa dei frutteti ad alto fusto e la ristrutturazione degli edifici in campagna senza riguardo per le specie animali che nidificavano nelle fessure dei muri, hanno causato un crollo drammatico degli effettivi. All’inizio degli anni 2000, si contavano appena una cinquantina di territori in tutta la Svizzera. Nel 2004 in Ticino resistevano appena 4 coppie sul Piano di Magadino. La specie è stata inserita nella Lista Rossa degli uccelli nidificanti come “fortemente minacciata” (EN) e classificata come prioritaria per la conservazione.

La semplificazione dell'habitat rurale, l'eccessiva lavorazione dei suoli e l'impiego di pesticidi costituiscono una minaccia per le civette
La riscossa
Fortunatamente, grazie a interventi mirati come la posa di cassette-nido, il ripristino degli habitat agricoli tradizionali e la collaborazione con agricoltori e volontari, la civetta ha iniziato a riprendersi. Nel 2025 si è raggiunto un nuovo record: 161 territori occupati in tutta la Svizzera. Una ventina di territori sono stati contati anche in Ticino. Inoltre, dal 2013, dopo quindici anni di assenza, il piccolo rapace notturno è tornato a far risuonare il suo Inconfondibile canto anche nel Mendrisiotto.
Civette alla riscossa
RSI Info 15.12.2013, 01:00
Il caso Ticino: un laboratorio di conservazione della civetta
La Svizzera italiana, e in particolare il Cantone Ticino, rappresenta un caso emblematico. I minimi storici di presenza della civetta nella svizzera italiana nel 2005, hanno spinto Ficedula, poi raggiunta anche da BirdLife Svizzera, a iniziare un vasto programma di studio e di salvataggio della civetta in Ticino, un progetto sostenuto da molti enti pubblici e privati, nazionali e regionali. E proprio le indagini scientifiche hanno fornito le prime informazioni preziose per la conservazione e il recupero del rapace. Lo studio genetico dell’esigua popolazione di civette, allora limitata al Piano di Magadino, ha messo in evidenza la separazione della popolazione del sud delle Alpi da quella a Nord della catena montuosa. Tuttavia, gli stessi approfondimenti hanno messo in evidenza un contatto fra le popolazioni di civette ticinesi e quelle della fascia pedemontana che si estende a sud del Cantone fra le campagne comasche e quelle del Veneto. Fortunatamente, in territorio italiano le popolazioni di civetta mostravano una certa densità e stabilità di effettivi. Questo, per gli ornitologi impegnati nel recupero della civetta, significava che sarebbe potuto bastare una rivitalizzazione degli habitat delle pianure ticinesi per poter vedere un incremento del numero di coppie. Nel 2008, Ficedula, in collaborazione con BirdLife Svizzera e l’Ufficio della natura e del paesaggio del Cantone Ticino, ha lanciato il Progetto Civetta che consisteva nell’adozione un’articolata serie di misure:
- Posa di cassette-nido su misura;
- Conservazione di rustici utilizzati per la nidificazione;
- Piantumazione di pali di caccia per facilitare la predazione;
- Piantumazione di alberi d’alto fusto;
- Sensibilizzazione degli agricoltori;
- Monitoraggio ecologico con GPS, fototrappole e webcam;
- Divulgazione e sensibilizzazione della popolazione.
I risultati sono stati sorprendenti: nel 2010 si contavano 9 coppie nidificanti, salite a 18 nel 2019 e almeno 20 nel 2020, il massimo si è raggiunto con 24 coppie qualche anno fa. Come anticipato, nel 2013, dopo 15 anni di assenza, la civetta ha colonizzato habitat al di fuori del Piano di Magadino, nel Mendrisiotto, segno di una ripresa ecologica significativa. Un vero successo!
Uno degli elementi del successo ticinese del recupero della civetta, fu un’intuizione degli ornitologi ticinesi. Grazie all’acuta osservazione, capirono che le civette a sud delle alpi accettavano meglio cassette-nido costruite in cemento, anziché le classiche cassette in legno, peraltro impiegate con successo dalle civette che nidificavano a nord delle Alpi. Questo è la conseguenza di preferenze ecologiche diverse in fatto di scelta di luogo di nidificazione. Le civette del nord preferiscono fare il nido nelle cavità degli alberi, mentre le civette ticinesi prediligono nidificare nei rustici presenti nelle campagne, in anfratti fra la pietra, i mattoni e la muratura. Per questa ragione, dal momento che a sud delle Alpi furono adottate le cassette-nido in cemento, la loro accettazione e il numero di coppie aumentò considerevolmente.

Una civetta fa capolino da un vecchio muro in mattoni
Minacce persistenti e una ripresa fragile
Il ritorno della civetta in Ticino è stato possibile grazie a un approccio integrato che coinvolge scienza, territorio e comunità. Ma, nonostante i progressi, la civetta resta vulnerabile. L’ornitologa Chiara Scandolara, nell’intervista collegata a questo articolo, ci informa che alcune coppie di civetta sono “sparite” dal territorio ticinese. Dal massimo di 24 coppie raggiunto qualche anno fa, i monitoraggi fanno stato ultimamente di 20 coppie. Una tendenza alla diminuzione, contraria a quella nazionale, che potrebbe essere, lo speriamo, solo frutto di una pausa di assestamento. Tuttavia, bisogna mantenere alta la guardia perché le principali minacce per la specie permangono in agguato, ovvero: la perdita di habitat, l’agricoltura intensiva e le ristrutturazioni edilizie in ambito agricolo.
Il canto territoriale della civetta
RSI Info 16.03.2021, 11:50
Contenuto audio
La civetta non è solo un uccello notturno. È un indicatore biologico, un simbolo culturale, un testimone silenzioso dei cambiamenti del nostro paesaggio. Il suo ritorno in Svizzera, e in particolare in Ticino, è una storia di resilienza e collaborazione. Ma la fragilità del suo stato è anche un monito: senza un’agricoltura sostenibile, senza il rispetto per gli ambienti rurali tradizionali, potremmo perdere il suo canto per sempre.