Il punto

Così il leader anglicano si è fatto da parte

Justin Welby, 68 anni, sposato con tre figli, è stato punto di riferimento morale per tutta la cristianità - Un anno fa il viaggio col Papa in Sud Sudan - Le dimissioni per coperture di abusi - Per la successione si parla di una donna

  • 12 novembre, 17:19
  • 13 novembre, 07:15
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RG 07.00 del 13.11.2024 Il servizio di Giancarlo Ciccone

RSI Info 13.11.2024, 07:15

  • Keystone
Di: Paolo Rodari 

Anche se le dimissioni sarebbero dovute arrivare a breve per raggiunti limiti di età, l’accelerazione che ha portato oggi - 12 novembre 2024 - Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e leader spirituale della Comunione anglicana, a farsi da parte fa rumore e scuote nel profondo non solo la sua comunità di riferimento, ma anche il mondo laico anglosassone che vedeva in lui un faro morale imprescindibile, tanto che non è escluso che per la successione si arrivi all’elezione di una donna.

Welby si è dimesso per uno scandalo di abusi sessuali su minori compiuto da un volontario in alcuni campi estivi per giovani che l’arcivescovo non avrebbe investigato nel modo corretto. Welby, 68 anni, sposato con tre figli ha provato a resistere affermando: “Mi dispiace molto per le vittime, tuttavia non mi sono mai arrivati sospetti di quel genere, e quindi non mi dimetto”. Parole che non sono bastate, se è vero che pochi minuti prima dell’addio è stata addirittura una sua “consorella”, la vescova di Newcastle, Helen-Ann Hartley, ad affermare senza fare sconti: “Deve andarsene”.

Welby è una figura di spicco all’interno di tutta la cristianità. Vicino a Papa Francesco, è salito nel 2023 con il vescovo di Roma su un volo diretto in Sud Sudan per un pellegrinaggio di perdono e giustizia condotto assieme. Primus inter pares della Comunione anglicana, negli ultimi anni è stato uno dei volti più aperti e includenti delle Chiese cristiane arrivando nel 2014 anche ad aprire alle nozze gay: “Occorre ascoltare entrambe la parti”, disse procurandosi critiche dalla parte più conservatrice della sua stessa comunità.

Il caso: il volontario John Smyth

La controversia di queste ore riguarda un’indagine portata avanti su presunti crimini – più di cento – che avrebbe compiuto il volontario John Smyth, morto nel 2018 all’età di 75 anni. Quest’ultimo è stato accusato di attacchi “continui, brutali e orribili” su oltre cento ragazzi e giovani uomini mentre frequentavano campi cristiani alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80. L’indagine indipendente è stata commissionata nel 2019 dal National Safeguarding Team. I risultati sono stati pubblicati e divulgati la scorsa settimana, esattamente il 7 novembre 2024. Nel rapporto conclusivo si legge: “Nonostante i notevoli sforzi compiuti da singoli individui per portare all’attenzione delle autorità competenti la portata e l’orrore della condotta di Smyth, anche da parte delle vittime e di alcuni membri del clero, le misure adottate dalla Chiesa d’Inghilterra e da altre organizzazioni e individui sono state inefficaci e non hanno né completamente esposto né impedito ulteriori abusi da parte sua”.

Il giorno che è uscito il rapporto, Welby si è difeso, scusandosi pubblicamente per non essersi assicurato che “la terribile tragedia fosse indagata energicamente” e per non aver incontrato in tempi rapidi le vittime di Smyth. Ma le scuse sono servite a poco. In poche ore i media britannici hanno fatto rimbalzare la notizia delle presunte coperture portandolo alle dimissioni.

“Una tendenza a minimizzare la questione”

Ciò che maggiormente indigna l’opinione pubblica è il fatto che le accuse contro Smyth risalgono a undici anni fa. Era l’agosto del 2013 quando Welby e altri alti funzionari della Chiesa d’Inghilterra ne sono venuti a conoscenza. Eppure, afferma il rapporto, “c’è stata una netta mancanza di empatia mostrata da queste figure di alto livello e una tendenza a minimizzare la questione, dimostrata dall’assenza di ulteriori interrogatori e follow-up”.

Come riporta riforma.it, un’indagine del 1982 condotta segretamente dall’Iwerne Trust, che finanziava i campi estivi, fu insabbiata. Il Winchester College, la scuola pubblica frequentata da molte delle vittime, proibì a Smyth di entrare nei suoi locali ma non denunciò i suoi crimini alla polizia. Smyth si trasferì nello Zimbabwe, dove continuò ad abusare di ragazzi e dovette affrontare le accuse di aver ucciso un ragazzo di 16 anni in un campo estivo nel 1992. Il caso fu archiviato. Smyth si è poi spostato in Sudafrica dove nel 2017 è stato rimosso dall’incarico di leader della sua chiesa locale a Città del Capo dopo accuse di comportamento inappropriato. Welby aveva incontrato Smyth quando faceva volontariato nei campi estivi dell’Iwerne Trust nel Dorset. E nel 2017 disse: “Per come lo ricordo, era un oratore affascinante, delizioso, molto intelligente e brillante. Non ero un suo caro amico, non ero nella sua cerchia ristretta o nella cerchia ristretta della dirigenza del campo, tutt’altro”. Ed anche se il rapporto della scorsa settimana afferma che Welby “potrebbe non essere stato a conoscenza dell’estrema gravità dell’abuso”, dice anche che “è molto probabile che avesse almeno un livello di conoscenza del fatto che John Smyth fosse motivo di preoccupazione”.

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Notiziario

Notiziario 12.11.2024, 16:00

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