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Je suis Charlie

L'attacco di Parigi commentato dal giornalista della RSI Roberto Antonini

  • 8 gennaio 2015, 07:40
  • 7 giugno 2023, 03:13
La gente ricorda i morti

La gente ricorda i morti

  • ©Reuters

“Il nostro paese non sarà mai più lo stesso”, afferma sconvolto l’ex direttore di Charlie Hebdo Philippe Val. La Francia ha vissuto un suo 11 settembre: la nazione è sotto choc. In un grande abbraccio collettivo, dalla provincia a Parigi, la popolazione si è riunita con grande sobrietà per segnare disappunto, disgusto, ma anche grande affetto per chi è caduto sotto i proiettili dei fanatici di Dio. Non si era mai visto nulla del genere, un raccoglimento collettivo carico di emozioni, di silenzi; di significato.

Ammazzati con crudeltà e spietatezza degni di un'esecuzione nazista, i giornalisti di Charlie Hebdo sono le vittime di un fondamentalismo che è vissuto oggi come una vera e propria emergenza nazionale. Il paese è in lutto. Il paese è sotto choc. Il paese è incredulo.

I nomi di Wolinski e Cabu, come in precedenza quelli di Coluche o Reiser, rimandano a una concezione repubblicana della libertà d’espressione, quella che nella grande tradizione della satira prende di mira i potenti, senza guardare in faccia a nessuno. Pubblicando le vignette del profeta, irridendo politici e religiosi, Charlie Hebdo è stato (e forse sarà) una vera e propria istituzione. Accettata anche da chi non ne condivideva lo stile e le modalità chiaramente sopra le righe, faceva parte come Le Monde o Le Figaro, del panorama giornalistico ormai consolidato.

La barbarie si è abbattuta con una violenza che suscita il più profondo dei disgusti, su delle persone inermi. Il messaggio, anche in assenza di rivendicazioni certificate è chiaro: rimanda al jihad, alla guerra che l’islamismo radicale ha scatenato contro un paese che costituisce, con i suoi valori, l’antitesi stessa dell’oscurantismo. E che oltretutto è impegnato in prima fila nella lotta contro il fondamentalismo, in Africa come in Siria.

La Francia piange i suoi morti. E rende loro omaggio come se Wolinski e colleghi fossero caduti in battaglia. Perché nella loro vita tutti oggi riconoscono quel valore, forse spesso sottaciuto e dimenticato, per la cui difesa un intero paese ha deciso ora di mobilitarsi: la libertà di pensare, di dire, di raccontare. Di indignarsi.

Roberto Antonini

Laser dell'8 gennaio 2015:

Fabio Gambaro in collegamento da Parigi:

Foglio volante 07.01.15

Alberto de Filippis sull'attacco a Charlie Hebdo:

Il punto di vista dello psichiatra Maurizio Balsamo:

In altre parole 08.01.15

RSI Info 08.01.2015, 09:18

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