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L’Iran a due anni dalla morte di Mahsa Amini

Come vivono le donne dopo le rivolte andate in scena nel 2022? L’intervista a Nima Baheli, analista geopolitico di origine iraniana

  • 16 settembre, 19:47
  • 17 settembre, 11:04

Iran: a due anni dalla morte di Masha Amini

SEIDISERA 16.09.2024, 18:36

  • Reuters
Di: Camilla Camponovo 

È morta due anni fa Mahsa Amini, la giovane donna iraniana, arrestata e picchiata dalla polizia morale per avere mal indossato l’hijab (il velo). Una morte che ha scatenato indignazione e violente proteste in Iran. Proteste che hanno visto i manifestanti bruciare le hijab, tagliarsi i capelli e chiedere il rovesciamento della guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei. Ma oggi come vivono le donne iraniane dopo le rivolte sfociate nel Paese nel 2022? Cosa è cambiato dall’elezione del nuovo presidente riformista, Pezeshkian? Risponde a queste domande Nima Baheli, analista geopolitico di origine iraniana.

“Trainati dalla forza della generazione Z, i diritti delle donne a livello informale sono aumentati. Oggi assistiamo in Iran, quantomeno nelle città, a scene che fino a qualche anno fa avremmo avuto difficoltà a vedere: molte ragazze o anche giovani donne, quindi di varie età, che passeggiano per le strade a capo scoperto. Poi c’è anche una certa libertà a livello ‘sessuale’, cioè molte giovani coppie che non si sposano più ma convivono, e le famiglie stesse lo accettano. Questo è probabilmente un elemento forte di questa generazione nata fra il 1995 e il 2010, una generazione globalizzata e vicina alle libertà mondiali. E una generazione che da questo punto di vista è più resiliente, rispetto a quelle precedenti, alle imposizioni della Repubblica islamica e che è riuscita a guidare anche le altre generazioni”.

Quali sono invece le maggiori sfide che le donne iraniane devono ancora affrontare oggi per la loro libertà?

“Se da un punto di vista sociale assistiamo a una crescita della società civile, dall’altra ci troviamo di fronte all’eredità del governo del defunto presidente Raisi. Il presidente che nell’aprile 2024 aveva, per esempio, implementato una nuova legge che si chiama Nur e che comprende tutta una serie di restrizioni delle pene sia pecuniarie ma anche civili, come la requisizione dei passaporti, il divieto di poter viaggiare all’estero, la requisizioni delle automobili. A luglio c’è per esempio stata una sparatoria nei confronti di una madre di 31 anni velata in maniera impropria a cui la polizia voleva requisire l’auto. La donna è finita in coma in ospedale. Assistiamo dunque a un tentativo di rinnovare la società che viene però osteggiato, da parte delle frange più oltranziste della Repubblica islamica, da tutta una serie di normative che cercano di contrastare la non applicazione dell’hijab”.

Dopo la morte del presidente Ebrahim Raisi, l’elezione di agosto del nuovo presidente riformista Pezeshkian, che tipo di cambiamento ha portato nel Paese?              

“Pezeshkian sta cercando di toccare gli equilibri interni del sistema e lui stesso a suo tempo criticò la morte di Mahsa Amini in stato di detenzione, definendo come inammissibile la detenzione di una giovane donna e poi la restituzione del suo cadavere alla famiglia, tutto per questioni di vestiario. Per certi versi si assiste quindi a un tentativo da parte del nuovo governo di controllare l’azione della polizia morale, probabilmente anche in un’ottica di normalizzazione con il mondo occidentale. C’è stata per esempio una dichiarazione, lo scorso mercoledì, del procuratore generale iraniano, in cui sono state criticate le forze di sicurezza: ha detto che non possono fare violenza fisica sulle persone per l’hijab”.

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