Teheran. A sei mesi dai bombardamenti americani e israeliani sull’Iran, il Paese attraversa una fase di profondo rinnovamento.
Da un lato, le autorità hanno avviato alcune concessioni sul piano sociale, aprendo a una parziale liberalizzazione dei comportamenti e dei costumi. Dall’altro, la Repubblica Islamica si sta riorganizzando sul piano militare e culturale, in vista di nuove escalation considerate probabili, se non inevitabili. Queste aperture sono parte di una strategia volta a rafforzare la coesione interna e la capacità di resistere alle pressioni esterne.
I cambiamenti sono visibili nelle strade di Teheran. Sia nei quartieri conservatori sia in quelli più progressisti, molte donne camminano a capo scoperto tra strade e bazar, mentre altre continuano a indossare il velo.

La libertà di scelta è diventata più concreta negli ultimi mesi. Poco dopo la fine dei bombardamenti, il governo ha annunciato che l’obbligo per le donne di coprirsi il capo in pubblico, pur restando formalmente in vigore, non sarebbe più stato applicato in modo coercitivo. Alcune donne hanno iniziato a uscire senza velo, altre hanno scelto di continuare a indossarlo.

Mobina Janbazi
Questi “allentamenti” suscitano reazioni contrastanti. Da un lato offrono maggiore libertà quotidiana; dall’altro, frange conservatrici criticano quello che definiscono lassismo delle autorità. Il capo della Giustizia, Mohseni-Eje’i, ha sottolineato la necessità di maggiore rigidità, e recentemente anche il parlamento si è scagliato contro la non applicazione della legge. La questione resta controversa e divisiva.
Nonostante le critiche, il’obbligo coercitivo di indossare il velo non è stato reintrodotto proprio perché farlo incrementerebbe il dibattito interno già fortemente divisivo negli anni passati. In un momento di attacchi esterni, l’Iran non può permettersi una nuova spaccatura sul piano domestico.
“Di fronte alle minacce esterne, il governo ha bisogno che gli iraniani siano uniti e la questione del velo è stata molto divisiva” spiega Davood Abbasi, giornalista iraniano. “L’allentamento dell’applicazione della legge sul velo può essere visto come un passo in questa direzione, anche se la legge resta formalmente in vigore”.
Le principali sfide esterne riguardano il rischio di futuri conflitti con Israele e gli Stati Uniti. “L’obiettivo di Israele e dell’amministrazione americana è il rovesciamento della Repubblica Islamica”, afferma Mohammad Ali Mirzaei, professore presso la Scuola Teologica di Qom. “Nonostante fosse in corso un tavolo negoziale con Washington, americani e israeliani ci hanno bombardato mentre il dialogo era ancora aperto, puntando al cambio di regime”.

Mobina Janbazi
Mirzaei sottolinea che la via d’uscita per l’Iran passa dal rafforzamento interno. “Più siamo forti, più diventa facile costringere gli americani a dialogare con noi”. La forza non si misura solo sul piano militare. “Oltre a potenziare le forze armate, è fondamentale rafforzare l’identità nazionale, valorizzando la millenaria civiltà persiana. Più profondo è il radicamento della nostra identità, maggiore sarà la capacità di resistere e respingere i nemici”.

Mobina Janbazi
Il governo iraniano sembra quindi adottare una strategia più ampia che sintetizza aperture sociali, rafforzamento militare ed enfasi sull’identità nazionale, volta a mantenere coesione interna e capacità di resistere agli attacchi esterni. Gli esiti di questa strategia dipenderanno tanto dall’evoluzione della situazione internazionale quanto da quella sul piano interno, e in base a questo le libertà potranno essere estese o limitate.
In un Paese dove politica, cultura e identità si intrecciano con la sicurezza nazionale, ogni concessione e ogni restrizione riflettono una strategia pensata per resistere alle sfide interne ed esterne, rendendo l’Iran un attore complesso e non facilmente prevedibile sulla scena regionale.





