Fra le imprese svizzere attive all’estero, una su tre riconosce di aver versato tangenti in altri Paesi. È quanto emerge da uno studio pubblicato oggi, mercoledì, e presentato da Transparency International Svizzera.
Nonostante il rafforzamento delle misure anticorruzione, la pratica illecita di pagamenti informali o di “regalie” è sempre corrente nelle attività all’estero, sottolinea l’ONG. E stando a questo studio, commissionato alla Scuola universitaria professionale dei Grigioni (FHGR), la corruzione sembra pure in crescita.
L’inchiesta, realizzata online fra più di 500 aziende di vari settori attive all’estero mostra che il 52% di esse è confrontato a richieste di pagamenti informali. In media le imprese spendono per versamenti sottobanco il 5,6% del volume d’affari realizzato nel Paese interessato. Coinvolte nel fenomeno sono tanto le multinazionali quanto le PMI.
Fino agli anni 2000 la pratica della corruzione aveva poche ripercussioni in Svizzera e, in funzione di certi mercati, era addirittura giudicata indispensabile. Negli ultimi 20 anni il paradigma e il quadro giuridico sono però nettamente mutati. Sono state quindi messe in atto strategie preventive, come la documentazione per iscritto di tutte le transazioni. Malgrado ciò, tuttavia, lo studio evidenzia una crescita del fenomeno: ciò è in parte da ricondurre a nuove modalità di ricerca ma, di certo, non si rilevano miglioramenti.
La prevenzione resta in effetti lacunosa: un’impresa su 4 non ha nemmeno misure basilari come direttive vincolanti o controlli di diligenza. La metà, inoltre, non dispone né di formazione per il personale, né di un organo indipendente per la segnalazione di irregolarità. Rare sono poi le conseguenze a livello penale: tanto che in 20 anni solo una decina di aziende svizzere sono state sanzionate in via definitiva per non aver saputo evitare gravi infrazioni.
RG 07.00 del 28.02.2024
RG 07.00 del 28.02.2024 - Il servizio di Gianluca Olgiati
RSI Info 28.02.2024, 07:39