Sono passati 10 anni dal 9 febbraio 2014, quando una maggioranza dei votanti accettò l’iniziativa popolare che chiedeva una regolazione molto più drastica dell’immigrazione di massa. Il testo non è mai stato applicato fino in fondo.
Ma questo non è un caso isolato. La RSI ne ha parlato con Andreas Kley, professore ordinario all’università di Zurigo in diritto pubblico, storia costituzionale e filosofia del diritto. Lui vede vari problemi, sia guardando al passato che al futuro.
“Purtroppo quanto visto sull’immigrazione di massa non è una singola eccezione nella storia svizzera. Ci sono altri begli esempi... anzi, brutti esempi. Il caso classico è l’iniziativa delle Alpi, accettata nel 1994, che chiedeva il trasferimento su ferrovia di tutto il traffico merci che attraversa le Alpi... In questi termini il testo è applicato solo in minima parte, perché poi venne sottoscritto un accordo con l’Unione Europea incompatibile con l’iniziativa. Il suo vero obiettivo non è quindi mai stato raggiunto”.
Immigrazione di massa, dieci anni dopo
Telegiornale 09.02.2024, 20:00
Immigrazione di massa e iniziativa delle Alpi: sono questi quindi i casi da citare...
“No, no ce ne sono altri. Nel 1982 fu accettata a sorpresa l’iniziativa popolare contro i prezzi abusivi. Poi, quando si trattò di applicarla, il Parlamento escluse dal meccanismo di sorveglianza tutti i prezzi col maggiore impatto, come il tasso ipotecario. Le associazioni delle consumatrici - promotrici dell’iniziativa - si indignarono. Poi pian piano il Parlamento ha corretto il tiro e inserito i prezzi più rilevanti tra quelli da sorvegliare”.
C’è una caratteristica che accomuna le iniziative applicate poco o per nulla?
“Possiamo dire che il Parlamento si prende la libertà di non concretizzarle, se non ne ha voglia o se le ritiene particolarmente dannose. L’iniziativa per l’espulsione di criminali stranieri ad esempio è stata smussata guardando alla Convenzione sui diritti umani: in questo caso ho una certa comprensione. Più grave per me è quanto sta accadendo con l’iniziativa per cure infermieristiche forti: per promuovere la formazione la legge prevede che i cantoni si assumano il 50% dei costi, ma loro si rifiutano, e così non si fa nulla. Ci sono quindi iniziative da destra e da sinistra che non vengono applicate in modo corretto. Se una maggioranza delle élite in Parlamento si oppone a una proposta, non si può far nulla, anche se c’era un consenso popolare. Perché sta al Parlamento tradurre il testo di un’iniziativa in leggi concrete. Se non lo vuol fare, finisce lì...”
Scusi, ma questo è il fallimento del concetto di democrazia diretta...
“Certo, è problematico. Perché un’iniziativa accettata viene degradata ad una specie di sondaggio da mettere in un cassetto. E alla fine abbiamo tanti begli articoli nella Costituzione che non vengono applicati. Un’offesa alla Costituzione e alla legge”.
Guardando al futuro: secondo il suo collega professor Andreas Glaser, le discussioni con l’Unione Europea potrebbero portare a trattati che limitano ulteriormente la democrazia diretta, in particolare con la ripresa dinamica del diritto europeo. I trattati internazionali rischiano di limitare sempre di più la democrazia diretta?
“Questo è un vero problema. E più accordi internazionali stipuliamo, più si presenterà. Perché se firmi un trattato, la controparte si aspetta che lo rispetterai. Quindi, se ci saranno nuovi trattati con l’Unione europea con certi vincoli, non si potranno poi applicare iniziative contrapposte senza che i contratti vengano disdetti. Forse bisognerebbe modificare la Costituzione, e stabilire che in caso di trattati di questa portata non sono più ammesse iniziative popolari in quell’ambito tematico specifico, limitando in effetti la democrazia diretta”.
In questo modo secondo lei i patti sarebbero chiari fin dall’inizio: sia con l’estero che con la popolazione...
“Esattamente, perché non possiamo fare accordi a lungo termine con altri Stati e dire che potrebbe darsi che non li rispetteremo. E ai cittadini che votano bisogna dire: se dite ora sì, poi dopo - in questo settore - non avrete più le stesse libertà democratiche”.

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