Per il Gruyère, il formaggio svizzero più venduto negli Stati Uniti, il bilancio si farà a gennaio. Tra le merci più colpite dai dazi americani figurano i prodotti caseari elvetici. Dopo l’Unione europea, gli USA rappresentano il secondo mercato per importanza: un terzo del Gruyère esportato – circa 4’000 tonnellate l’anno – finisce sulle tavole a stelle e strisce, mentre nell’UE ne arrivano in media 7’500 tonnellate.
Il “re” dei formaggi svizzeri sta pagando il prezzo della politica tariffaria voluta da Donald Trump, spiega al microfono del Radiogiornale RSI Martin Spahr, responsabile marketing di Switzerland Cheese, il centro di competenza per il formaggio svizzero. «Il mercato statunitense è strategico – ricorda Spahr – perché una parte dei consumatori è disposta a spendere di più per un prodotto svizzero». Ma è ancora presto per valutare l’impatto dei dazi: «Bisognerà attendere le vendite natalizie».
I primi segnali non sono incoraggianti: da gennaio a settembre, le esportazioni verso gli USA sono calate del 17% rispetto allo stesso periodo del 2024. Per contenere la flessione, l’organizzazione mantello del Gruyère ha ridotto la produzione del 5% lo scorso agosto e intensificato la promozione del consumo interno, in un contesto in cui il formaggio estero conquista sempre più spazio in Svizzera. Nel 2024, per la prima volta, le importazioni hanno superato le esportazioni.
In passato si era valutata la diversificazione verso mercati asiatici, ma alla fine si è scelto di puntare sull’Europa – che assorbe l’80% del formaggio svizzero – e sugli Stati Uniti, con l’11%.
In attesa di una svolta sul fronte dei dazi, i produttori si preparano a una vetrina d’eccezione: a Berna, proclamata per l’occasione “capitale del formaggio”, si aprono i World Cheese Awards, con oltre 46 Paesi in gara. Un appuntamento internazionale che incoronerà il miglior formaggio al mondo.







