Il Tribunale federale ha confermato il divieto a vita di lavorare e svolgere attività non professionali a contatto con minori, inflitto nel 2023 a un vallesano che prima del 2020 (anno in cui erano state trovate) aveva scaricato dalla rete e poi diffuso a terzi immagini a contenuto pedopornografico.
L’imputato contestava proprio la durata illimitata di quel provvedimento, che si era aggiunto all’ammenda e alla pena pecuniaria sospesa sancite dai giudici cantonali. Ma per Mon Repos, il codice penale impone questa misura, che va presa in modo automatico in presenza di reati come quelle di cui l’uomo si era reso responsabile. Possono essere fatte eccezioni, solo “in casi di pochissima gravità”.
La legge era stata modificata dopo in applicazione di un voto popolare del 2014. Peraltro la Svizzera - rileva il TF - non è l’unico Paese europeo dove vige questa norma.
Infine il ricorrente, nato nel 1998, è infermiere di formazione e quindi il divieto di operare con minori non gli preclude un’attività professionale. La giovane età gli permetterebbe oltre tutto di riorientarsi eventualmente verso altri ambiti.
Di conseguenza, concludono i giudici, la proporzionalità del provvedimento in questo caso è data.




