Donne e persone queer sono vittime di violenza mediamente da due a quattro volte di più rispetto al resto della popolazione, anche in presenza di disabilità. Di fronte a queste cifre, che sfuggono alle principali statistiche e alle politiche pubbliche, l’ONG femminista e per la pace Frieda ha deciso di incentrare su di loro l’annuale campagna nazionale “16 giorni contro la violenza di genere” del 2025, che inizia martedì con un evento simbolico a Berna e si protrae fino al 10 dicembre con la partecipazione di oltre 300 organizzazioni.
Una realtà “per troppo tempo passata sotto silenzio”, secondo quanto scrivono i promotori della campagna in un comunicato diffuso lunedì. Secondo l’organizzazione, oggi la Svizzera viola i suoi impegni internazionali, perché la Convenzione di Istanbul non può essere applicata.
Fra i principali problemi evidenziati, l’assenza di centri di consulenza e accoglienza (come le case protette) accessibili senza barriere, di siti web inclusivi e di informazioni in un linguaggio semplificato.
“Non ci vedono. Ci ignorano. E questa è una scelta politica”, denuncia Namila Altorfer, alla co-direzione della rete Netzwerk Avanti. “Urge cambiare questa situazione”.
All’incrocio tra sessismo e abilismo (termine che indica tutte le forme di discriminazione nei confronti delle persone con disabilità), queste persone sono esposte a un doppio problema: maggiori rischi di violenza e meno possibilità di richiesta di aiuto e sostegno. “Rompere il silenzio inizia con il dare un nome a questo tipo di violenze. Bisogna però anche andare oltre: è necessario ascoltare, proteggere, sostenere e agire con e per le persone che ne sono vittime”, afferma Denise Carniel, attivista per i diritti delle persone con disabilità.

Notiziario
Notiziario 24.11.2025, 10:00
Contenuto audio








