Il mercato dei produttori di birra è fortemente influenzato dal meteo. Soprattutto in Ticino, dove il turismo ha un forte impatto sul consumo della bevanda. L’estate in corso, da questo punto di vista, è stata tutto sommato positiva. “Con il sole si vende, con la pioggia no”, chiarisce Luca Ferrara, mastro birraio e produttore con la sua azienda Rud Bir di Gordola. “Nel 2025 abbiamo recuperato rispetto al 2024, ma i numeri restano inferiori rispetto agli anni migliori”.
Già, anche da noi è in atto da tempo una contrazione del mercato. Del resto, negli scorsi giorni, ha fatto notizia il forte calo delle vendite del primo produttore europeo, la Germania, dove nel primo semestre dell’anno c’è stato un crollo del 6,3%, vale a dire 262 milioni di litri di birra in meno rispetto allo stesso periodo del 2024. La produzione tedesca resta in ogni caso forte, con 7,2 miliardi di litri lo scorso anno. Ma i gusti stanno cambiando, come testimonia la crescita costante della birra senz’alcol (da 329 milioni di litri nel 2004 a circa 700 milioni nel 2024, in pratica una birra su dieci prodotte in Germania).
Anche in Svizzera il consumo di birra è diminuito. Dai 71 litri annui pro capite bevuti nel 1990 si è scesi a 49,3 litri nel 2024 (ciò che corrisponde, secondo le cifre diffuse dall’Associazione svizzera delle birrerie, a un -30,6%). E nella Svizzera italiana? Anche qui si beve meno birra, ma la qualità generale della produzione artigianale è cresciuta.

In Svizzera, se ne bevono in media 49,3 litri a testa
In Ticino sono attualmente 38 i fabbricanti di birra iscritti al registro nazionale gestito dall’Ufficio federale delle dogane e della sicurezza dei confini. Ma i produttori attivi professionalmente si contano sulle dita di una mano. “Negli ultimi 15 anni - fa notare Ferrara - il panorama dei birrifici artigianali nel nostro cantone ha vissuto un ciclo di espansione e contrazione. L’accessibilità tecnologica ha permesso a molti di avviare la propria produzione. Tuttavia, fattori come la pandemia, le guerre e l’aumento dei prezzi hanno causato una riduzione drastica, riportando oggi il numero dei birrifici vicino a quello iniziale. Anche se la registrazione federale è obbligatoria per chi produce birra, molti si annunciano solo per consumo personale, rendendo difficile avere dati precisi”.

Birrifici svizzeri, il Ticino si posiziona nel mezzo
Avviare una birreria, come conferma Eric Notari, precursore nel lontano 1999 con la sua Officina della Birra a Bioggio, “richiede tempo, denaro e un buon volume per rientrare nei costi, ma il mercato è saturo. In Ticino e in Svizzera ci sono già troppe birrerie, e molte chiudono, mentre altre aprono. Produrre birra, a un certo punto, è diventata una moda. Molti giovani, come dice un mio amico produttore del Giura, pensano che aprire una birreria o comprare un food truck sia una strada in discesa. Invece si tratta di un lavoro duro, fatto di fatica, aggiornamento continuo e con pochi margini di errore”.
Per imporsi oggi occorre garantire qualità al consumatore. “Da 26 anni – sottolinea Notari – puntiamo ad averla costante, con picchi riconosciuti. Ma anche chi produce per hobby deve rispettare norme severe se vuole vendere. Garantire la qualità è essenziale: se una birra ha problemi, va scartata. Purtroppo sul mercato si trovano ancora prodotti discutibili”.

Primi per densità di produttori di birra
Puntare sulla qualità sembra del resto essere una scelta obbligata, visto che altre opzioni sono precluse: “La produzione di una birra analcolica artigianale ticinese è tecnicamente possibile, ma poco conveniente - afferma Luca Ferrara -. Il processo richiede più passaggi e non permette di mantenere lo stesso prezzo. Nonostante ci sia mercato, nessuno ha ancora investito seriamente in questo segmento”.
Il filone della vera birra, in ogni caso, non pare esaurito. Tra chi ci crede il Birrificio Selvatici a Malvaglia, creato nel 2014 da due giovani informatici in un garage (ma siamo nella Valle del Sole e non nella Silicon Valley) con un bidone da 20 litri e tanta voglia di sperimentare. E di crescere. Grazie al nuovo stabile, costruito lo scorso anno, e con impianti all’avanguardia si punta adesso a una produzione di 30-40’000 litri all’anno, come spiega Alessandro Macchi, che a questa attività dedica un 20-30% del suo tempo lavorativo. “Avere una costante nella birra prodotta è fondamentale. Dieci anni fa la tendenza era la piccola produzione casalinga, ora conta la parte tecnologica. Per questo lavoriamo con fermentazione isobarica, così da garantire un prodotto stabile e privo di deterioramento”. Non manca l’impronta ecosostenibile: il nuovo impianto è dotato di pannelli solari e, soprattutto, di sistemi per il recupero degli acidi e dell’acqua.
Più qualità generale, si diceva all’inizio, è cresciuta la professionalità, ma non si è perso lo spirito solidale degli albori, come conferma Luca Ferrara: “Molti birrai artigianali hanno un altro lavoro e la birra nasce spesso come attività accessoria, che prende forme diverse a seconda delle persone. Questo crea un clima di solidarietà più che di competizione: se serve malto, basta scrivere in chat e qualcuno lo presta. È interessante come questa dimensione parallela favorisca collaborazione e scambio, pur restando un impegno serio”.
In conclusione, chiara, scura, rossa o ambrata, la birra ticinese resta un prodotto per ogni stagione. Non solo, quella estiva, come sottolinea Eric Notari: “Quando c’è canicola, la gente tende a bere più acqua. È una reazione fisiologica: dopo una o due birre, il caldo e l’alcol iniziano a dare fastidio. Invece, con una temperatura intorno ai 25 gradi, bere una birra è un vero piacere”.

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Telegiornale 21.08.2025, 20:00