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Cameron e il (finto) accordo

Brexit: Il premier britannico parla di "progressi reali" nelle trattative con l'UE; ma non tutti la pensano così

  • 3 February 2016, 06:22
  • 7 June 2023, 15:13
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Non convince

Non convince

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Da una parte c’è David Cameron, che celebra la bozza presentata da Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, come un "sostanziale cambiamento" nei rapporti tra Regno Unito e Unione Europea. Il premier britannico non usa (ancora) toni trionfalistici. Rispetta una prudenza diplomatica, in attesa della ratifica degli altri 27 stati membri dell’UE. Ma insiste sui "progressi reali" nelle quattro aree che stanno a cuore a Londra: sovranità, competitività, benefici assistenziali, immigrazione. Quando però aggiunge che resta "ancora qualche dettaglio da limare", in vista del prossimo consiglio il 18 e 19 febbraio, il tono diventa sbrigativo. Perché Cameron sa che è nei dettagli che si nasconde il diavolo.

Se anche avesse un cuore euroscettico, la testa gli consiglia di mantenere il Regno dentro l’Europa. E per orientare il voto del prossimo referendum (il 23 giugno, la data più probabile) Cameron ha bisogno di poter rivendicare una vittoria, vera o presunta, sui burocrati di Bruxelles. Evita così accuratamente la parola compromesso, sbandierando "il duro rinegoziato" mai provato prima da nessun altro governo. Ed è qui che lo attendono i suoi avversari, dall’altra parte della trattativa con l’Unione.

Euroscettici, e non solo lo incalzano sull’epilogo, osservando la palese discrepanza tra richieste (iniziali) e risultati (attuali). La sospensione dei benefici assistenziali per quattro anni agli immigrati comunitari è stata annacquata in uno stop estemporaneo (il cosiddetto freno d’emergenza) e graduale. Senza sapere chi e per quanto tempo potrà riconoscerlo agli Stati che ne faranno richiesta. Gli assegni familiari continueranno ad essere elargiti, ancorché indicizzati, anche ai bambini residenti all’estero. Mentre il sistema del "cartellino rosso", che richiede l’approvazione di almeno il 55% dei Parlamenti Europei per bloccare una legislazione europea, altro non è che un trucco cosmetico a meccanismi già in vigore, e scarsamente usati, quali sono il "cartellino giallo" e "arancione".

Pragmatico e realista, Cameron difende il suo architrave (politico) come "il miglior accordo possibile". Ma non convince. Non solo gli analisti euroscettici (più di 100 tra i deputati del suo partito) per i quali si tratta di "un’occasione persa", "uno schiaffo alla nazione". Ma anche chi aveva ambizioni più alte: "E’ la continuazione dello status quo".

Lorenzo Amuso

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