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"Non capite gli States...."

Morris Mottale, professore alla Franklin University, sulla vittoria di Trump: "E' una ri-asserzione della sovranità nazionale"

  • 10 novembre 2016, 07:33
  • 5 settembre 2023, 05:25
Mottale, professore alla Franklin University

Mottale, professore alla Franklin University

  • fus/ansa

Morris Mottale, professore statunitense di scienze politiche alla Franklin University Switzerland di Sorengo, analizza l'inatteso trionfo di Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca.

Otto anni di Governo Obama ed in Europa ci si stupisce della vittoria di Trump. Non è che la “vera America” sia questa?
“Ci sono due fatti che pochi ricordano. Barack Obama è stato fortunato perché ha fatto la sua corsa contro il candidato repubblicano John McCain tra il 2008 ed il 2009, in pieno disastro economico. Inoltre la carriera di Hillary Clinton è decollata anche grazie al fatto che il suo maggiore avversario nella corsa al Senato, Rudolph Giuliani, dovette ritirarsi per un cancro. Fatta questa premessa, secondo me la stampa europea, gli intellettuali europei, interpretano gli Stati Uniti più che altro tramite la CNN ed il New York Times, che raramente hanno un’idea di quello che capita oltre lo Hudson River. Gli europei pensano di conoscere gli States ed invece ne capiscono davvero poco”.

Il premio Oscar democratico Michael Moore quest’estate aveva scritto: "Se pensate che Hillary Clinton batterà Trump con i fatti, l'intelligenza e la logica, be' vi siete persi l'ultimo anno”...
“Aveva ragione: tanti avevano gli occhi chiusi. Un esempio su tutti: il New York Times. Certo però quella di Trump alla Casa Bianca era una corsa difficile da predire, soprattutto in queste dimensioni, con la vittoria nelle due camere. Gli intellettuali parlavano della fine del partito repubblicano ed invece è quello democratico che è nei guai. Come per la Brexit, ancora una volta gli specialisti non hanno capito cosa stesse succedendo nei mutamenti dei valori politici delle masse, sia europee che americane. Da un punto di vista europeo Trump è un nazionalista".

Un altro Oscar, stavolta repubblicano, Clint Eastwood, settimana scorsa ha detto: “Ci stiamo tutti segretamente stancando del politicamente corretto, quella in cui siamo è una generazione di leccaculo e di fighette. Per questo voto Trump, anche se ha detto un sacco di cose stupide”…
"E’ proprio così. Ed infatti una delle etichette del successo di Trump è che è politicamente scorretto. La gente non tollera più questi tipi di censura".

Gli Stati Uniti oggi sono davvero un paese disunito?
"No. Il sistema elettorale ha funzionato esattamente come doveva funzionare. Infatti nel suo primo discorso da presidente degli Stati Uniti Trump ha detto: “Per repubblicani e democratici è arrivato il tempo dell'unione. Dobbiamo collaborare, lavorare insieme e riunire la nostra grande nazione. Non siamo divisi”. Poi si è congratulato con Clinton”.

E' stato un voto contro la globalizzazione?
“Certamente. Quello della globalizzazione era un processo che avrebbe dovuto portare dei benefici a tutti, perlomeno nella retorica di chi crede nel libero scambio. Ed invece è successo che ha avvantaggiato solo certi gruppi. Le masse, in Europa come in Nord America, non hanno avuto benefici”.

L’establishment europeo subirà l’onda lunga di questa votazione?
"Certamente. La vittoria di Trump sarà un'ispirazione per movimenti analoghi europei. Si tratta di una ri-asserzione della sovranità nazionale. Come sta capitando anche nelle ultime votazioni popolari in Svizzera. Dunque in effetti non c’è niente di insolito”.

Joe Pieracci

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