Da lunedì 22 a venerdì 26 giugno 2015 alle 18:20
Replica: il giorno seguente alle ore 01.30
Guy Debord

Contenuto audio
Guy Debord (1./5)
Blu come un'arancia 22.06.2015, 20:20
Guy Debord (2./5)
Blu come un'arancia 23.06.2015, 20:20
Guy Debord (3./5)
Blu come un'arancia 24.06.2015, 20:20
Guy Debord (4./5)
Blu come un'arancia 25.06.2015, 20:20
Guy Debord (5./5)
Blu come un'arancia 26.06.2015, 20:20
Fu un colpo di pistola sparato al cuore il modo con cui il filosofo e regista francese Guy Debord poco più di vent’anni fa, volle andarsene da un mondo e una società che per oltre quarant’anni aveva ferocemente criticato. Lui, che aveva messo alla berlina, smascherandole, le strategie del capitalismo (già negli anni Cinquanta indirizzate all’alienazione degli individui attraverso il sistema spettacolarizzato delle merci che aveva cominciato a permeare la vita stessa delle società), quando scoprì che la sua malattia lo avrebbe portato in breve tempo alla morte, non volendo essere trasformato anch’egli in un “personaggio” mediatizzato, preferì il suicidio. Mai e poi mai avrebbe accettato di diventare metabolizzato da quella che aveva chiamato, nel suo libro più famoso, la “società dello spettacolo” ossia, secondo il suo pensiero, la società che, avendo posto il consumo delle merci a motore fondamentale del capitalismo, si era trasformata in un grande spettacolo capace di determinare rapporti sociali, comportamenti, scelte politiche, gusti e consumi nell’intero Pianeta.
Le sue tesi, espresse appunto nel suo La società dello spettacolo, edito a Parigi nel 1967, divennero da subito patrimonio culturale e politico per quella parte di generazione giovanile che diede vita al famoso “maggio parigino” del 1968. Quelle tesi, infatti, furono in grado di offrire strumenti di analisi e di critica di quella modernità che si era andata affermando a partire dal secondo dopoguerra, a una gioventù che non solo non si riconosceva nei modelli culturali e politici avuti in eredità dai propri genitori ma rifiutava il sistema nella sua interezza auspicando una rivoluzione esistenziale prima ancora che politica. Per questo motivo, l’establishment francese considerò immediatamente Debord uno dei principali colpevoli degli estremismi che caratterizzarono la stagione della contestazione, un’accusa che, nonostante il trascorre dei decenni, non era mai stata “archiviata” anche perché lui, negli anni, aveva continuato la sua analisi critica investendo non più solo il sistema occidentale ma anche i sistemi sedicenti comunisti dell’Est, a suo dire semplici “rovesci della medaglia” del progetto di alienazione collettiva attuato dalle merci.