IL GIARDINO DI ALBERT
Giovedì 27 ottobre 2016 alle 11:35
Replica alle 23:33
Replica sabato 29 ottobre 2016 alle 18:00
Antropologia dell’handicap
Il giardino di Albert 27.10.2016, 13:35
Contenuto audio
Più di altre discipline, l’antropologia ci ha permesso di conoscere l’umanità in tutte le sue declinazioni: fisiche, sociali, culturali. Dalle tribù della Papua Nuova Guinea a quelle delle remote pianure dell’Africa, fino alle steppe della Siberia. L’antropologo si occupa delle caratteristiche biologiche che ci rendono umani come degli aspetti sociali e culturali (lingua, cultura, famiglia, religione), e quindi può condurre le sue ricerche nelle contrade più esotiche come nel quartiere multietnico della propria città.
Nelle differenze dei sistemi sociali e culturali e nella pluralità dei sistemi simbolici e dei valori, l’antropologo riconosce non la barbarie di ciò che è diverso, ma differenti modi di stare al mondo. Solo negli ultimi anni però ci si è resi conto che c’è una forma di diversità negli uomini, in ogni angolo del pianeta, cui l’antropologia ha dedicato finora poca attenzione: l’handicap. Un “fatto sociale totale”, come l’ha definito l’antropologo Marcel Mauss. E di sicuro una situazione non marginale, se si pensa che nel mondo, stando ai dati dell’OMS, ci sono un miliardo di persone portatrici di handicap. Da qui l’esigenza di un nuovo approccio antropologico che tenga conto anche di queste diversità. È l’approccio sviluppato da Charles Gardou dell'Università Lumière Lyon 2, autore di numerosi testi sulla questione dell'inclusione e della disabilità, indagate dal punto di vista antropologico-culturale e dei diritti di cittadinanza. Ultimo in ordine di tempo il recente "Nessuna vita è minuscola. Per una società inclusiva" (Mondadori Università). Nel Giardino di Albert di giovedì 27 lo stesso Gardou illustra questo nuovo approccio in cui l’handicap non costituisce un’eccezione alla regola, ma è uno dei tanti volti della vulnerabilità umana.