Oggi, la storia
Mercoledì 13 aprile 2016 - 07:05
Qualche giorno fa il sito archeologico di Palmira è stato finalmente riconquistato. La notizia della sua caduta nelle mani dello Stato islamico, nel maggio 2015, era stata accolta con profonda preoccupazione per la sorte dei tesori archeologici, protetti dall’Unesco. Aveva poi destato commozione la vicenda di Khaled al-Asaad, il direttore del sito archeologico, torturato e ucciso per non aver voluto collaborare cogli occupanti.
Ora Palmira è di nuovo al sicuro, ma la notizia è stata accolta tiepidamente e non ha avuto grande eco nei media. Forse questo è dovuto al fatto che l’antica città carovaniera è stata liberata dalle truppe del governo siriano di Assad, aiutate dall’aviazione russa, ovvero da quelle forze che, nei media occidentali, sono spesso presentate come i cattivi.
Nella storia non è un caso isolato del resto. La Seconda guerra mondiale fu vinta anche grazie al contributo determinante dell’Unione sovietica, ovvero di un regime totalitario non meno sanguinario di quello nazista. Per esempio proprio il 13 aprile 1943 il mondo apprese da radio Berlino che nelle fosse comuni di Katyn erano stati ritrovati i resti di quindicimila ufficiali polacchi, uccisi dalla polizia segreta di Stalin. E in quella stessa guerra gli Americani, i buoni per definizione, sganciarono le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Secondo alcune indiscrezioni, alla fine di maggio, in occasione del prossimo incontro del G7, Obama potrebbe essere il primo presidente americano a visitare Hiroshima, anche se quasi certamente non presenterà quelle scuse che da più parti sono invocate.
Ancora potremmo scorrere le biografie dei Giusti tra le nazioni, ovvero di quanti hanno salvato degli ebrei dal genocidio nazista, pur non appartenendo a quel popolo; nella lista troviamo anche dei fascisti, come Giorgio Perlasca, che nel 1944, fingendosi console spagnolo, salvò oltre cinquemila ebrei ungheresi.
Etica e storia si intrecciano in modo complicato e imprevedibile. Non è tanto una lezione di relativismo – il bene resta bene, il male resta male – piuttosto un invito a non essere troppo rigidi nei giudizi e a riconoscere anche i meriti di chi sta dalla parte sbagliata della barricata.