Oggi, la storia

La “cultura dei fiori”

di Mariateresa Fumagalli

  • 27.03.2015, 08:05
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A Mon Seul Désir, arazzo fiammingo del XV secolo

  • Wikipedia
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OGGI LA STORIA

Oggi, la storia 27.03.2015, 07:05

Torno da un rapidissimo soggiorno nella luminosa Italia delle isole ancora un po’ fredde ma già piene di fiori alla fine di marzo. Ci sono fiori dappertutto nei giardini davanti alle case sui balconi nelle chiese. E persino a Milano sono fiorite, rare ma bellissime, le piante sparse nel traffico grigio della città: ciliegi giapponesi nel magico chiostro delle Grazie, susini rosa nel vialetto davanti a s. Eufemia e a s. Celso, forsizie giallo oro esplose all’improvviso in un crocicchio sbilenco dalle parti della stazione Nord…. La “cultura dei fiori” - ci dice il grande antropologo Jack Goody - ossia il loro uso non utilitaristico ma simbolico e estetico per omaggi celebrazioni e riti é vivo da millenni non in tutti, ma in quasi tutti i paesi del mondo: i fiori sono importanti non solo per i frutti che daranno, ma per come appaiono, splendenti e fragili “nello spazio di un mattino”.

Nell’antico Egitto venivano offerti agli dei ma anche agli ospiti e disegnati sulle pareti delle tombe per rallegrare con i colori della vita i defunti; in Mesopotamia, in Israele e nella Grecia classica erano coltivati in luoghi appositi, i giardini, che più tardi divennero raffigurazioni del Paradiso. Nel grandioso antefatto del Genesi leggiamo che “Dio nel giardino dell’Eden fece germogliare dal suolo ogni sorta di piante gradite alla vista“. Nel linguaggio, poetico e comune, i fiori sono lo spunto di molte analogie e metafore. Nella Roma antica una bella e facile vita era paragonata a “un letto di rose” e i trovatori medievali cantavano le ragazze “belle come un fiore”… Sugli altri fiori presto primeggia la rosa: “rosa fresca aulentissima” scriveva Cielo d’Alcamo alla sua dama.

A metà del Novecento persino Mao Tse -tung, uomo probabilmente poco sentimentale, aprendo un nuovo scenario nella vita politica cinese ricorse alle parole della tradizione poetica: “che cento fiori fioriscano, che cento scuole di pensiero gareggino”. Il fiore è qualcosa di bello e inutile, forse bello e sublime proprio perché inutile.

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Dipinto amamiano

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