Oggi, la storia

Quando neologismo era un neologismo

di Claudio Visentin

  • 02.03.2016, 08:05
Bambino inventa parole
  • iStock

Oggi, la storia
Mercoledì 02 marzo 2016 - 07:05

Per qualche giorno il popolo della rete si è dilettato con una nuova parola: petaloso, approvata anche dall’austera Accademia della Crusca. È piaciuta la storia di un bambino pasticcione ma fantasioso e di una maestra che sa scorgere quanto c’è di buono anche in un errore.

Ma forse ancor più ci affascina l’eterno miracolo di veder nascere una “nuova parola”, un neologismo. Il termine viene dal greco e fa la sua comparsa in francese intorno al 1735; verso la fine del Settecento approda all’italiano. Il Secolo dei lumi fu profondamente innovatore nel campo della politica, della cultura, della scienza e dell’arte. Nascevano sempre nuove parole e infine fu coniato anche il termine generale per indicare questo fenomeno: neologismo, appunto.

Se si escludono le circa duemila parole discese per tradizione ininterrotta dal latino all’italiano, tutte le altre sono state, prima o dopo, un neologismo. Non sempre peraltro l’Accademia della Crusca è stata pronta a recepire le novità. La prima edizione del Vocabolario della Crusca, nel 1612, si limitava quasi soltanto alle parole create da Dante, Petrarca e Boccaccio nell’aureo Trecento e respingeva per esempio termini oggi comuni come esagerare; anche la parola intruso… era considerata un intruso. Ancora nell’Ottocento l’Accademia della Crusca fece molta resistenza prima di accogliere termini scientifici come botanica, ottica e psicologia; e persino al sommo poeta Leopardi furono rimproverate nuove parole non autorizzate come fratricida, l’uccisore del fratello.

Per secoli i neologismi sono stati creati soprattutto dagli intellettuali: scrittori, teologi, filosofi. A partire dall’Ottocento sono stati invece i giornalisti a innovare il lessico. Nel Novecento infine anche la radio ha avuto un ruolo importante nell’introduzione e nell’accettazione di nuove parole.

Uno dei modi più semplici di creare un neologismo è adottare una parola straniera. Ma questo non sempre piace ai regimi autoritari. Per esempio, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, il fascismo impegnò una battaglia di retroguardia contro le parole straniere. E così la réclame divenne pubblicità, lo chaffeur si chiamò autista, lo speaker della radio annunziatore. Ma, nonostante ogni sforzo, non si riuscì a imporre l’uso di arlecchino al posto di cocktail, di ber al posto di bar, del fantasioso calceggio per dribbling. E nel frattempo Radio Londra, che trasmetteva clandestinamente nel nostro Paese, diffuse un bellissimo neologismo: la Resistenza.

Ti potrebbe interessare