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ORMe, il racconto sulla vita di Peter Norman

16 ottobre 1968: l’immagine è quella nota. Finale dei duecento metri alle Olimpiadi di Città del Messico; Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo all’arrivo, sono sul podio, piedi scalzi, mano guantata di nero e testa china di fronte alla bandiera statunitense. È una delle più celebri istantanee, una delle più clamorose proteste della storia dei Giochi Olimpici. Ma c’è un uomo che questa protesta la vivrà in prima persona, la sosterrà e ne subirà anche le conseguenze. Stiamo parlando di Peter Norman.

  • 27.04.2020
  • 8 min
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16 ottobre 1968: l’immagine è quella nota. Finale dei duecento metri alle Olimpiadi di Città del Messico; Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo all’arrivo, sono sul podio, piedi scalzi, mano guantata di nero e testa china di fronte alla bandiera statunitense. È una delle più celebri istantanee, una delle più clamorose proteste della storia dei Giochi Olimpici. Ma c’è un uomo, su quel podio in quanto secondo di quei duecento metri, che questa protesta la vivrà in prima persona, la sosterrà e ne subirà anche le conseguenze. Ma quest’immagine, almeno dal vivo, non la vedrà. Sì, perché al momento degli inni gli atleti si gireranno verso destra e lui avrà questa scena – che tutto il mondo ammirerà sbigottito – alle sue spalle. Stiamo parlando di Peter Norman.

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