21 settembre scorso: una serie di attacchi informatici – che molti esperti sospettano essere di origine russa – mette fuori uso i check-in degli aeroporti di mezza Europa. Molti passeggeri restano a terra, altri riescono a partire solo perché gli operatori negli scali riscoprono la vecchia maniera “analogica” di fare le cose.
È solo l’ultimo esempio della grande fragilità potenziale del nostro modo di vivere, sempre più all’insegna dell’integrazione fra reti digitali. Quando i malintenzionati trovano la porta di ingresso, i danni che possono fare sono pesanti, rapidi e molto estesi. Nel 2017 un’intrusione informatica mise fuori uso l’intero sistema sanitario britannico. Dalla logistica alle telecomunicazioni, passando per l’energia o i trasporti, le catene sono lunghe, complesse e per questo fragili.
Gli hacker operano, spesso senza dichiararlo esplicitamente, al servizio di uno Stato e dei suo obbiettivi geopolitici; oppure sono al soldo di potentati economici, gruppi terroristici o associazioni criminali. “Gli attacchi hanno per obbiettivo il logoramento, la destabilizzazione del fronte civile interno” spiega l’analista geopolitica Greta Cristini, intervenuta la scorsa settimana all’edizione 2025 della giornata sulla cybersicurezza dell’ATED, l’associazione ticinese per l’evoluzione digitale.
29 anni, laurea alla Sorbona, un passato come avvocata anticorruzione negli USA, Cristini collabora con media e centri di ricerca internazionali sui grandi temi della geopolitica. “Dal punto di vista europeo siamo messi male. USA e Cina lavorano da decenni su una sovranità digitale. L’Europa invece è perlopiù cliente: siamo un mercato, uno spazio soggetto alle mire e alla conflittualità altrui, soprattutto tra Stati Uniti e Cina”.
A proteggerci da questo tipo di minacce non basteranno le password sicure. Ci vuole ben altro. Ce lo ricorda il caso emblematico che ha visto protagonista Huawei, fornitore cinese di infrastrutture per la rete 5G in Europa.
“L’idea sarebbe quella di continuare a normare, a settare standard di resilienza importanti come già fatto in passato”, continua Cristini. “Ma anche lavorare per acquisire maggiore sovranità almeno su dei pezzi di questa filiera, per decidere dei nostri dati. Per la nostra arretratezza - anche in termini di capacità di spesa e investimenti - rischiamo in prospettiva di restare oggetto geopolitico, spazio della conflittualità altrui e non soggetto”.
Un ritardo difficile da recuperare, se non impossibile. Mancano i talenti, attratti dove queste realtà sono già sviluppate, mancano i soldi, e non da ultimo gli ipotetici avversari sono degli Stati sovrani. L’Europa invece deve allineare 27 governi diversi.










