Cinema

5 serie tv da recuperare

Da Buffy, icona femminile e cult generazionale, a Dear White People, voce contro il razzismo; da Fleabag, ironico e feroce ritratto di fragilità, a Tutto chiede salvezza, potente sull’identità e la salute mentale, fino a Borgen, lucido affresco del potere

  • Ieri, 08:00
Dear White People

Dear White People

  • Ashley Beireis Nguyen / Sundance Institute
Di:  Emanuela Musto 

Buffy l’Ammazzavampiri

Il 10 marzo 1997 debuttava su The WB una serie che poteva sembrare l’ennesimo teen drama soprannaturale: una sedicenne dotata di poteri straordinari e di una missione impossibile: liberare il mondo da demoni e vampiri. Eppure Buffy l’Ammazzavampiri è diventata un cult capace di ridefinire il modo di raccontare adolescenza, potere e identità.

La rivoluzione parte da un gesto semplice: trasformare la “biondina indifesa” in eroina. Buffy Summers non è la vittima che scappa urlando, ma la ragazza che affronta i mostri mentre cerca di capire chi è, tra pressioni sociali e fragilità personali. In questo ribaltamento si annida la forza della serie: un linguaggio che sovverte i cliché e mette in discussione le dinamiche di genere. I personaggi maschili (da Angel a Xander) si muovono in un mondo dove il potere primario appartiene alle donne e sono costretti a ridefinire la propria mascolinità. Le protagoniste oscillano tra il desiderio di essere “buone” e la necessità di essere “forti”, incarnando tensioni che ancora oggi risuonano. È in questo spazio instabile che Buffy costruisce la sua magia: un mix di horror, azione e soap opera che diventa laboratorio di identità fluide e continuamente rinegoziate. Non è un caso che momenti come il bacio tra Willow e Tara abbiano segnato una svolta storica, aprendo la strada alla normalizzazione dell’amore LGBTQ+ in tv.

Guardarla oggi significa riscoprire una serie che ha anticipato temi e linguaggi entrati nel mainstream solo anni dopo. E la storia non finisce qui: nel 2026 arriverà un sequel ufficiale, pronto a riportarci a Sunnydale e a riaccendere quella scintilla che ha reso Buffy non solo una serie, ma un fenomeno culturale senza tempo.

Dear White People: la serie che non smette di essere necessaria

Nata dal film omonimo del 2014, Dear White People ha trovato nella serialità Netflix la sua forma più incisiva. Ambientata in un’università d’élite a maggioranza bianca, racconta la vita degli studenti afroamericani alle prese con tensioni razziali, culturali e identitarie. Non è solo intrattenimento: smaschera privilegi invisibili e microaggressioni quotidiane, portando sullo schermo un discorso che resta urgente.

La protagonista Samantha White, con il suo programma radiofonico satirico, diventa voce critica e pungente, ma la forza della serie sta nel racconto corale. Ogni personaggio incarna un diverso modo di vivere l’identità e il confronto, mostrando che le contraddizioni non sono un ostacolo, ma parte integrante del dialogo. Dear White People non si limita a denunciare: mette in scena la complessità delle relazioni e la difficoltà di trovare un equilibrio tra appartenenza e individualità.

Il tono è brillante e ironico, capace di alternare momenti di commedia a riflessioni profonde. Non è mai didascalico, ma rende accessibili temi come appropriazione culturale, discriminazione sistemica e rappresentazione mediatica. Guardarla oggi significa confrontarsi con un linguaggio che anticipava discussioni diventate centrali negli ultimi anni, dall’inclusione alla diversità.

La sua eredità è duplice: ha aperto spazi narrativi per storie spesso marginalizzate e ha dimostrato che la serialità può essere un veicolo di cambiamento culturale. Recuperarla oggi non è solo un piacere estetico, ma un atto di consapevolezza. Dear White People resta un’opera imprescindibile: un invito a riflettere, a mettersi in discussione e a capire che il dialogo sul razzismo e sull’identità non è mai concluso.

Fleabag

Fleabag nasce da un monologo teatrale di Phoebe Waller-Bridge e porta sullo schermo la potenza della scrittura scenica, trasformandola in un linguaggio televisivo audace e sorprendente. La protagonista - trentenne londinese segnata da lutti e relazioni complicate - diventa il volto di una generazione sospesa tra desiderio di libertà e pressioni sociali.

La rottura della quarta parete non è un semplice espediente, ma un dialogo confessionale che svela fragilità e pensieri inconfessabili, rendendo lo spettatore complice di un percorso di autodistruzione e rinascita. La scrittura è calibrata con precisione chirurgica: feroce e comica, ma capace di virare verso il dramma con naturalezza. Ogni battuta, silenzio e sguardo ha un peso. L’interpretazione magnetica di Waller-Bridge incarna un personaggio che non chiede di essere amato, ma compreso nella sua complessità.

Fleabag: «Ti amo»
Prete sexy: «Ti passerà»

Fleabag - Stagione 2

La seconda stagione segna l’apice: l’arrivo del “prete sexy” catalizza un conflitto interiore che porta la protagonista a confrontarsi con fede, vulnerabilità e bisogno di connessione. Recuperare Fleabag oggi significa immergersi in un’opera che ha ridefinito il racconto delle donne in tv, evitando stereotipi e mascherando riflessioni profonde dietro un’ironia irresistibile. Un capolavoro imprescindibile.

Tutto chiede salvezza

Tratto dall’omonimo romanzo di Daniele Mencarelli, è una delle serie italiane più coraggiose degli ultimi anni. Al centro c’è Daniele, ventenne che dopo un episodio psicotico viene ricoverato per un trattamento sanitario obbligatorio di sette giorni. Quella che sembra una condanna diventa un percorso di scoperta: grazie al contatto con altri pazienti e con il personale sanitario, Daniele impara a guardarsi dentro e a confrontarsi con fragilità che la società preferisce ignorare.

La serie affronta la salute mentale senza filtri, evitando stereotipi e semplificazioni. Non c’è compiacimento nel dolore, ma la volontà di mostrare quanto sia urgente parlare di disagio psicologico con onestà e rispetto. In un panorama televisivo che spesso evita questi temi, Tutto chiede salvezza diventa un’opera rivoluzionaria: restituisce dignità a chi soffre e invita lo spettatore a superare paure e pregiudizi. Le interpretazioni sono di altissimo livello: Federico Cesari offre una performance intensa e autentica, mentre il cast corale dà vita a personaggi complessi e mai ridotti a macchiette. Guardare questa serie significa accettare una sfida: rompere il silenzio sulla salute mentale e riconoscere che la fragilità non è un fallimento, ma parte della condizione umana. Un’opera che emoziona, scuote e lascia un segno.

Borgen - Il potere

Tra le produzioni europee più influenti degli ultimi vent’anni e merita di essere recuperata oggi più che mai. Nata in Danimarca, racconta l’ascesa e le sfide di Birgitte Nyborg, prima donna a diventare Primo Ministro del Paese. Non è solo un political drama, ma un ritratto lucido delle dinamiche di potere, delle contraddizioni della leadership e del prezzo personale che si paga quando si decide di governare.

La forza della serie sta nella capacità di rendere universali temi apparentemente legati alla politica nordica: le tensioni tra etica e pragmatismo, tra vita privata e responsabilità pubblica, parlano a chiunque viva in una società democratica. Guardarla oggi significa confrontarsi con questioni ancora attuali: rappresentanza femminile, trasparenza dei media, rapporto tra politica e cittadini. Le interpretazioni sono di altissimo livello, con Sidse Babett Knudsen capace di incarnare una protagonista complessa, forte e vulnerabile. La scrittura raffinata intreccia intrighi politici e drammi personali senza perdere ritmo. Recuperare Borgen oggi significa riscoprire una serie che ha anticipato molte discussioni contemporanee sulla leadership e sull’equilibrio tra potere e vita privata. Un’opera che continua a risuonare, ricordandoci che la politica non è mai solo strategia, ma terreno di valori e compromessi

24:42
"52 serie TV da vedere prima di morire" di Alice Grisa con Emanuele Zambon, Gremese Editore (dettaglio di copertina)

Fascino seriale

Alphaville 03.12.2025, 12:05

  • libreriagremese.it
  • Cristina Artoni e Mario Fabio

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