Cinema

Ballerina non è un John Wick femminista

Triti stereotipi culturali e inspiegabili lotte sui tacchi in discoteca: il film con Ana de Armas ha tutte le caratteristiche di un’occasione persa

  • Oggi, 08:30
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Di: Valentina Mira 

Ballerina, film d’azione ad alto budget, è uno spin-off di John Wick, interamente centrato sulla protagonista interpretata da Ana de Armas. Nonostante alcune critiche abbiano sottolineato (per ragioni imperscrutabili) l’insufficienza fisica della protagonista, qui la vediamo picchiare, sparare con una pluralità di armi, infine ballare fino a farsi sanguinare le dita dei piedi. Se c’è qualcosa che non funziona - e c’è - non è la presenza fisica di Ana de Armas.
Ma, nell’ordine: la solita, trita demonizzazione dei popoli di lingua slava, una sceneggiatura a tratti implausibile, il gelo emotivo della protagonista. Che vuole essere rabbia, ma della rabbia (omicidi a parte) non porta i segni.

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L’estetica richiama l’altro grande modello di rappresentazione cinematografica della danza classica, Il cigno nero, scimmiottandolo senza troppo successo. Era molto più oscura, rispetto alla nostra serial killer, la pur eterea - e dalla fedina penale pulita - Natalie Portman, nel dramma psicologico di Aronofsky. La si richiama sia con la scena davanti allo specchio - una scheggia di vetro da estrarsi a mani nude dalla spalla - sia nelle piroette ripetute fino a farsi sanguinare i piedi, e perfino nei tatuaggi sulla schiena. In questo caso una frase in latino, “luce nel buio”, e due segni in corrispondenza delle scapole, a ricordare le ali del cigno, o dell’angelo vendicatore che la protagonista è (o vuol essere). Manca del tutto l’eleganza estetica, consapevole, simbolica del Cigno nero, ma anche la sua credibilità. Rimane, alla fine, una semplice impressione di déja-vu.

Di attenzione alle questioni di genere, neanche a parlarne: benché la ballerina-killer debba essere in grado di uccidere sui tacchi (perché?), il ruolo salvifico e paternalista è quello di John Wick (Keanu Reeves).
La dinamica tra i due ricorda un noto meme su Sailor Moon, quello in cui si prende in giro Milord con la frase “il mio lavoro qui è finito” e il commento “ma non hai fatto niente” (l’eterno amore di Sailor Moon era infatti noto per intervenire per pochi attimi dopo asprissimi combattimenti a cui non aveva preso parte, e come un deus ex machina risolvere il tutto tramite il lancio di una rosa).
Non è forse un caso che a parlare del film si organizzino panel di soli uomini: non è, purtroppo, un film che sappia parlare alle donne.

Ballerina si rifà più volte a mitologie slave, con la Baba Jaga (nickname di Reeves) e soprattutto la meno nota kikomora. Qui la kikomora è destinata a uccidere e salvare, due azioni rappresentate come facce della stessa medaglia. Nella mitologia questo elemento non c’era, anzi.
La kikomora era una strega, anche particolarmente brutta (quanto di più lontano da Ana de Armas e dalle altre killer formate nel contesto settario dove crescono); legata all’izbà, alla casa, poteva essere salvezza o rovina per i contadini che vi abitassero.
È un peccato la ridicolizzazione nordamericana delle leggende e della cultura dell’Est, chiaramente non conosciuta da chi scrive certe sceneggiature. Ma, osservando per esempio il trattamento riservato alla rappresentazione dell’Italia nel recente Un altro piccolo favore, si converrà che forse i riflessi narrativi della geopolitica rendono preferibile la demonizzazione al paternalismo. La massima “scrivi di quello che conosci” non è mai stata più d’auspicio.

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