L’America è costruita sul mito del self-made man, certo. Però la famiglia conta, come sempre, come dappertutto. Nel caso di Rob Reiner (nato il 6 marzo del 1947 a New York e morto nella notte del 14 dicembre 2025 a Los Angeles), la mela non è caduta lontano dall’albero: suo padre Carl era un attore – poi regista – leggendario, nella Hollywood degli anni Sessanta, Settanta, Ottanta, e oltre. Aveva cominciato con George Marhsall, Norman Jewison, Stanley Kramer; è apparso le ultime volte sul grande schermo nella saga degli Ocean’s di Steven Soderbergh.

Rob e Carl Reiner al Chinese Theatre di Los Angeles, 2017
Rob Reiner raccontava che, da bambino, a cena chiacchierava con «la gente più divertente del mondo», e c’è da credergli, visto che ospiti a casa c’erano spesso miti della comicità come Sid Caesar e Mel Brooks. Crescendo in quella show-business family non è stato difficile, per lui, innamorarsi di quel mondo dello spettacolo di cui in seguito sarebbe diventato colonna. In tempi in cui molti figli volevano diventare completamente diversi dai loro padri, lui desiderava solo essere come il suo. A otto anni, pare che una sera andò da Carl e gli disse: «Papà, voglio cambiarmi il nome!». Carl Reiner temeva che, già a quella tenera età, il bambino sentisse già la pressione di una possibile carriera hollywoodiana, e volesse prendere il cognome da nubile della madre Michele Singer, o roba del genere. Invece, dopo una pausa piena di suspence (i tempi comici erano già il suo pane), il ragazzino concluse il ragionamento: «Non voglio più chiamarmi Robert, voglio chiamarmi Carl!».

Rob Reiner con River Phoenix sul set di Stand By Me, 1986
Oggi qualcuno commenterebbe sprezzante, usando un termine del nuovo, triste gergo globale di internet come “nepo baby”. Per carità, non voglio dire che essere figlio di un attore e regista di successo non serva ad aprire le porte di Hollywood. Però è noto che Carl Reiner non sia stato un grande sponsor del figlio, rifiutando perfino di farlo recitare nel suo primo film da regista, ed è altrettanto noto che quelle stesse porte sono destinate a richiudersi molto in fretta, in caso il talento non risulti all’altezza del nome.
Per fortuna, il talento di Rob Reiner è stato subito evidente, nel suo primo decennio da regista. Talento per il racconto, talento per la commedia; ma soprattutto, il talento di capire il pubblico. Chi amava il cinema tra gli anni Ottanta e Novanta, è stato testimone di un filotto di trionfi come pochi nella storia di Hollywood: Stand By Me, La storia fantastica, Harry, ti presento Sally…, Misery non deve morire, Codice d’onore.

Rob Reiner con Tom Cruise, Demi Moore e Kevin Bacon sul set di Codice d'onore, 1992
In molti di questi film, peraltro, riemergeva il tema dei rapporti tra padri e figli: Tom Cruise in Codice d’onore si scontrava con quella che era, fondamentalmente, una figura paterna autoritaria, il colonnello Jessep interpretato da Jack Nicholson; Gordie, il protagonista di Stand By Me si sentiva ignorato e incompreso dal padre. Solo due esempi eclatanti di un tema che torna, sottotraccia, in diverse altre pellicole reineriane.

Rob Reiner sul set di Misery non deve morire, 1990
E a proposito di altre pellicole, sarebbe sbagliato dimenticare che, dai primi anni Novanta in poi, la qualità dei film di Rob Reiner è scesa vertiginosamente, tanto che alcuni hanno ipotizzato che in realtà lui non fosse un grande regista, ma soltanto un abile sfruttatore di idee altrui: quelle di Stephen King per Stand By Me, quelle di William Goldman (già autore di Tutti gli uomini del presidente, Butch Cassidy, Il maratoneta) per La storia fantastica, quelle di Aaron Sorkin per Codice d’onore (e anche Il presidente – Una storia d’amore). E, per Harry, ti presento Sally…, quelle di Nora Ephron, rimpiantissima sceneggiatrice capace di rendere le commedie romantiche interessanti per tutti, non solo per il pubblico femminile.
La provocazione potrebbe anche essere fondata, ma a pensarci significa poco: in fondo, anche quella di circondarsi di collaboratori di alto livello è un’abilità importante. Così come quella di riconoscere il talento. Se si prendono per buone queste affermazioni, chi potrebbe mai criticare un regista che ha lanciato attori come River Phoenix (in Stand By Me) e Scarlett Johansson (in Genitori cercasi)?
Altro che nepo baby: il cinema di Reiner era quello di un predestinato di Hollywood.

Omicidio a Hollywood: uccisi il regista Rob Reiner e la moglie
Telegiornale 15.12.2025, 12:30






