In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia a qualunque popolo appartenga.
Questo è il versetto degli Atti a cui si ispira la veglia contro l’omobitransfobia che ha avuto luogo giovedì 22 maggio presso la Chiesa evangelica riformata di Lugano. Una veglia ecumenica ispiratasi alla Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia.
Un’occasione di unione e preghiera per tutte le persone che ancora oggi subiscono violenza, discriminazione ed esclusione a causa del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere “non conforme”. L’evento, organizzato da La Porta aperta nato in seno all’Azione cattolica ticinese (ACT) aveva l’obiettivo di ricucire il dialogo tra il mondo LGBTQ+ e la chiesa cattolica. “L’esigenza che abbiamo colto è quella innanzitutto di accoglienza delle persone con il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere.” ha affermato Emilio Motta, fra i promotori di questa veglia. “Qui non stiamo parlando di discutere tanto su questioni di diritti civili, di diritti sociali, di diritti di unione, adozioni o altre cose che sono sicuramente molto importanti ma che non sono ovviamente da discutere nella sede di una chiesa, soprattutto non di una veglia contro l’omofobitransfobia. Quello che noi vogliamo fare è creare uno spazio dove le persone che hanno un orientamento sessuale, un’identità di genere che si discosta dal eteronormatività possano avvicinarsi all’ambiente della fede. E vogliono poterlo fare senza sentirsi giudicati.”
Inizialmente previsto nella Basilica del Sacro Cuore, è stato spostato a seguito di reazioni negative da parte di alcuni membri della comunità cattolica locale. Il trasferimento non ha spento lo spirito dell’iniziativa, che ha voluto essere un momento di preghiera, riflessione e impegno civile contro ogni forma di violenza e discriminazione verso le persone LGBTQ+. La decisione della Basilica cattolica di non ospitare più l’evento ha suscitato reazioni contrastanti: da un lato, il dispiacere di chi vedeva in quel luogo un importante segnale di apertura; dall’altro ha sollecitato la disponibilità della comunità riformata, la quale si è fatta avanti ad accogliere l’evento, manifestando come l’accoglienza possa avere volti diversi dentro lo stesso messaggio evangelico. Daniele Campoli, pastore della Chiesa evangelica riformata del Sottoceneri dal 1996, ha commentato così la notizia dello spostamento di sede dell’evento: “Abbiamo accolto questa decisione con amarezza, perché ancora una volta anche nella chiesa hanno prevalso le persone intolleranti e in questo particolare caso omofobiche. Si trattava di una preghiera rivolta alle persone che si trovano in situazioni di intolleranza e di violenze. Preghiera per genitori e figlie/figlie affinché sappiano superare con saggezza e amore il superamento di rapporti che potrebbero essere difficili, se non conflittuali nel momento del coming-out. Preghiera per i violenti e gli intolleranti, forse vittime della cultura machista con tutte le sue ricadute. Tuttavia, sono rimasto colpito dalla saggezza e dall’atteggiamento pacifico delle persone messe alla porta che hanno evitato ogni tipo di polemica. Grandi persone da cui bisogna imparare!!”
Lina Simoneschi Finocchiaro, ai microfoni di Alphaville, è partita da questo fatto di attualità per fare una riflessione sull’approccio all’omosessualità e all’identità di genere da parte della Chiesa Cattolica insieme a vari ospiti.
Veglia di preghiera contro l’omobitransfobia
Alphaville 16.05.2025, 12:35
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“Abbiamo dei testi nelle Sacre Scritture che descrivono, secondo varie fasi storiche, anche la concezione della sessualità. All’interno di queste rappresentazioni il matrimonio benedetto da Dio è quello tra un uomo una donna biologici. È un dono del Creatore all’umanità, rappresenta l’unione intima di amore e di affetto tra due persone, marito e la moglie, ed è aperta alla procreazione, quindi a una vita futura. Qualunque altra espressione di intimità fisica, al di fuori di questo contesto, è vista come qualcosa di non perfettamente adatto e quindi i rapporti omosessuali sono visti piuttosto come un piacere erotico, frutto di una libidine eccessiva.” Ha spiegato René Roux, Rettore della Facoltà di Teologia di Lugano ai microfoni di Alphaville, che continua: “È vero che forse nella storia non ci si è sempre resi conto che alcuni aspetti sono legati proprio a quello che oggi si chiama un orientamento sessuale, cioè che una persona può sentirsi attratta da persone dello stesso sesso o dell’altro sesso indipendentemente dalla propria volontà. Ecco, questo è una situazione per cui oggi si pone il problema di come devono essere gestiti anche questi orientamenti. È una sensibilità nuova che anche all’interno della Chiesa sta ottenendo lentamente un giusto atteggiamento.”
Negli ultimi decenni, la Chiesa Cattolica ha vissuto un’evoluzione nel modo in cui si relaziona alle persone omosessuali, pur restando fedele alla dottrina tradizionale. Dal pontificato di Papa Francesco fino all’attuale Papa Leone XIV, si osserva un percorso che coniuga fermezza dottrinale e crescente sensibilità pastorale. Eletto nel 2013, Papa Francesco ha impresso una svolta nel tono del discorso ecclesiale sull’omosessualità. La sua celebre espressione “Chi sono io per giudicare?”, pronunciata nel primo anno di pontificato, ha segnato un’apertura pastorale inedita. Pur mantenendo ferma la dottrina della Chiesa – che considera gli atti omosessuali “intrinsecamente disordinati” ma invita al rispetto della persona – Francesco ha insistito sull’accoglienza, l’accompagnamento spirituale e la dignità inviolabile delle persone.
Ad onor del vero, va anche precisato il pensiero critico di alcuni esponenti della comunità LGBTQ+, dell’idea che sotto il pontificato di papa Bergoglio nessuna vera apertura è stata sancita sui temi dell’identità di genere, dell’aborto, del matrimonio ugualitario. La posizione ufficiale della Chiesa cattolica è rimasta saldamente ancorata alla dottrina tradizionale e in alcuni casi si è fatta persino più ambigua. Come nel recente documento Fiducia Supplicans (2023), del Dicastero per la Dottrina della Fede, approvato da Francesco. Esso autorizza, in certe condizioni, la benedizione di coppie dello stesso sesso, distinguendola chiaramente dal sacramento del matrimonio. Questo gesto, pur non rappresentando un cambiamento dogmatico, ha suscitato grande dibattito all’interno e all’esterno della Chiesa. Una posizione, che a detta dei critici, ha fatto tanto rumore ma aperto ben poco; le benedizioni alle coppie omosessuali non riconoscono né pari dignità, nè parità sacramentale, ma vengono offerte come un gesto pastorale.
La Chiesa Cattolica ha percorso un cammino di apertura, con un cambiamento visibile nel linguaggio e nell’approccio pastorale: più inclusivo, empatico e orientato alla misericordia. La posizione ufficiale della Chiesa cattolica, pur condannando ogni discriminazione, resta prudente rispetto a iniziative pubbliche in ambito LGBTQ+. La sfida per la Chiesa cattolica contemporanea resta quella di conciliare verità e carità, fedeltà al Vangelo e ascolto delle realtà vissute dalle persone.
Più aperta, per alcuni aspetti, la Chiesa Riformata.
La posizione delle chiese evangeliche sull’omosessualità non è univoca e può variare notevolmente a seconda della denominazione, del paese e della comunità specifica. Vi sono sicuramente chiese evangeliche più conservatrici, che interpretano la Bibbia in modo letterale o tradizionale e tendono a rifiutare l’omosessualità come comportamento accettabile: ritengono l’omosessualità un peccato, pur predicando l’amore e il rispetto verso le persone omosessuali. Non benedicono unioni omosessuali e non accettano pastori o ministri dichiaratamente omosessuali. Questo soprattutto nelle chiese evangeliche degli Stati Uniti del Sud (come alcune Southern Baptist), nelle chiese evangeliche in Africa, America Latina e in contesti italiani più conservatori. Altre chiese hanno adottato una posizione più aperta e inclusiva: accettano l’omosessualità come una delle molte espressioni dell’identità umana. Benedicono unioni e matrimoni omosessuali. Accettano pastori e ministri LGBTQ+. Ne sono un esempio la Chiesa evangelica luterana in America (ELCA), la Chiesa unita di Cristo (UCC), alcune comunità valdesi e metodiste in Italia.
”Uno dei peggiori pericoli per ogni religione è il fondamentalismo biblico e dottrinale. Gli orrori di queste ideologie che disseminano odio, violenza e terrore li vediamo quotidianamente intorno a noi. La speranza cristiana è vera ed autentica, convincente e contagiante quando si incarna e si manifesta con gesti concreti nella vita vissuta della chiesa. Quando è capace di espandere lo spirito di Cristo.” Afferma Campoli, testimone di una posizione inclusiva nei confronti delle persone LGBTQ+, pastore della parte della Evangelica Riformata nel Ticino (CERT). La CERT favorevole all’estensione del matrimonio alle coppie omosessuali e offre la possibilità di benedire le unioni registrate tra persone dello stesso sesso.
Il presidente della CERT, Tobias Ulbrich, ha dichiarato di condividere le affermazioni del presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Svizzera, Gottfried Locher, secondo cui “l’omosessualità è stata creata da Dio”. La scelta della comunità evangelica riformata di Lugano di ospitare la veglia rappresenta un esempio concreto di questa apertura. A tal proposito Daniele Campoli, si è espresso sulla questione. “Gesù è innanzi tutto il nostro “metro”, la nostra misura per poterci relazionare al modo di vivere la nostra vocazione cristiana. Gesù non si è mai pronunciato su questi argomenti ed ha avuto un atteggiamento di accoglienza per tutti e tutte. Una presenza liberante dai giudizi espressi anche dalla sua stessa religione. Del resto, l’esegesi moderna ci mostra come alcuni termini biblici spesso utilizzati per condannare l’omosessualità siano stati piuttosto di parte e inesatti. Personalmente ritengo (ed è questa anche la posizione delle chiese evangeliche riformate) che la chiesa debba essere un luogo di accoglienza e non un’aula di tribunale.”
La veglia non è stato solo un atto simbolico, ma anche un’occasione per testimoniare un cristianesimo che si pone in ascolto delle ferite sociali e che sceglie di stare dalla parte degli emarginati. Preghiere, letture bibliche, testimonianze personali e silenzi condivisi hanno costruito un momento spirituale in cui la fede si intreccia con la giustizia.
In un tempo in cui l’odio e la paura sembrano trovare nuovo spazio nel dibattito pubblico, iniziative come questa ricordano che anche le chiese possono e devono essere luoghi di riconciliazione, dialogo e coraggio.