Musica contemporanea

Gabriele Marangoni: il suono «è un amore di perdizione»

Il musicista e compositore racconta la sua attrazione per la materia sonora e illustra i suoi nuovi progetti

  • Ieri, 11:06
Gabriele Marangoni
Di: Sandy Altermatt/Red. 

«Sono proprio affascinato e attratto dall’accadimento sonoro, dalla materia sonora. Faccio sempre un esempio: la differenza tra suono e musica, che arriva storicamente. La musica è un modo: per musica intendo quella in cui individuiamo una parte ritmica, melodica e armonica. Questa è una maniera di organizzare il suono, che a noi occidentali permette di riconoscere un certo tipo di suono, se è classica, pop o rock. Quasi un artificio, se vogliamo, perché molto lontana da un accadimento sonoro più naturale. Un suono concreto può essere qualsiasi cosa: gli operai che lavorano, l’acqua. Oppure utilizzare dei suoni, su degli strumenti classici, che non sono quelli convenzionali».

Compositore in grado di spaziare tra musica per il teatro ed elettronica, sonorizzazione di spazi scenici e spettacoli, docente al Conservatorio di Cagliari, Gabriele Marangoni è, se vogliamo, una figura anomala nel suo genere. Perché, esplorando l’universo musicale nella sua completezza, riesce ad andare oltre il musicista. 

Marangoni ha raccontato qualcosa di sé e del suo rapporto con la musica - e soprattutto il suono - nell’intervista tivù realizzata da Neo.

Quando hai capito che la musica convenzionale non ti bastava?

«Partendo da uno studio teorico. All’università inizio a studiare questi testi: il primo era sugli esperimenti dello Studio di fonologia della Rai di Milano, dove c’erano Berio, Maderna, poi anche Cage è stato ospite. Queste personalità che per me sono dei giganti. Mi sono subito emozionato: per me era proprio vivo, era sia materico che organico. È come se il suono avesse la possibilità di essere totalmente sé stesso. Non deve più essere organizzato in canoni, che la musica classica non è che imponga, però è il suo modo di esprimersi. Sono un amante della musica classica, ma un conto è amare veramente una cosa, un conto è amarla perdutamente. Per me il suono della musica contemporanea è un amore di perdizione e di profondità».

Le tue opere spaziano, sei sempre in bilico tra arte e tecnologia. Fino a che punto la tecnologia gioca a favore di un artista?

«Gioca solo a favore. Basta avere un uso etico della tecnologia. Fortunatamente, essendo nato nel 1980, vedo il computer, il software più avanzato, come un martello: se mi serve lo uso, se non mi serve non lo uso».

Dici che il pubblico che viene a una tua rappresentazione è come se venisse ad assistere a un rituale. Cosa intendi?

«È un rituale di concentrazione. Dev’essere un’operazione condivisa sia dal performer e da chi esegue sia dal pubblico, che deve lasciarsi andare. Deve entrare in una dimensione che non è quella che si aspetta. Non è solo ricevere. Il ricevere è un atto che succede, però vorrei che il pubblico scoprisse».

Ti è mai capitato di non essere capito?

«Sì. Era un progetto gigante, una sorta di genesi della creazione, volevo usare questa forza della genesi, questa forza creativa, per me una delle più grandi che ci siano. Anche dal punto di vista sonoro era molto denso, molto poderoso, energico. La vivevo come un’esplosione di energia, è stato vissuto come qualcosa di violento. Mi è dispiaciuto, era un equilibrio sottile».

A quali progetti stai lavorando attualmente?

«Sto lavorando a due nuovi progetti: uno radiofonico, un esperimento su un radiodramma. Torno a occuparmi di temi sociali. Penso che un artista abbia anche il dovere di fare delle riflessioni. Si chiama Past Now Hope. È come un’invenzione a tre voci di Bach, però invece che tre voci scritte in contrappunto è una serie di interviste di tre generazioni differenti. Una trama tra i temi di attualità e di riflessione. Ho scritto tutta la parte musicale. Molto probabilmente non ci sarà una voce recitante ma sarà un lavoro di montaggio tra le varie interviste. Una sorta di blob radiofonico su dei temi ben focalizzati, con la sua struttura musicale».

L’intervista tv a Gabriele Marangoni (da 21’24”):

20:21

Neo, ultime da Cannes

Il Quotidiano 24.05.2025, 19:00

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