Tappezzerie musicali

Note (moleste) di sottofondo

Il compositore Nicola Piovani si scaglia contro la “muzak” e propone un bollino per i locali pubblici che ne fanno a meno

  • 8 ottobre, 15:01
Meglio con o senza musica?

Meglio con o senza musica?

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Di: Voi che sapete.../RigA 

Quanti di noi notano la musica di sottofondo in bar, ristoranti e negozi? Tra chi non riesce a ignorarla e, anzi, è da essa irritato, c’è un premio Oscar: il compositore Nicola Piovani, che dalle colonne di Repubblica ha manifestato la sua insofferenza per questi tappeti sonori. «Il silenzio sta diventando sempre più raro e prezioso» ha scritto Piovani, tanto da lanciare l’idea di un marchio di qualità per i locali senza muzak.
Idea non nuovissima, quella del musicista romano: già nel 1991 Philip Kogan, editore londinese, pubblicò il volume Muzak-free London: A Guide to Eating, Drinking and Shopping in Peace.

A Piovani hanno risposto personaggi in vista della ristorazione italiana. Secondo Livia Iaccarino, proprietaria di un ristorante stellato, «la musica in un ristorante è una cosa molto seria». Le ha dato manforte il noto chef Massimo Bottura, che ha scelto personalmente brani rock ’60-’70 per creare un’atmosfera coerente con l’immagine del suo locale. Con una nota critica: «Entro spesso in locali dove il volume è altissimo: per me è una questione di qualità» ha dichiarato.

Per il pianista e divulgatore musicale Emanuele Arciuli il primo obiettivo di questi suoni è fugare la paura del vuoto: «Questo horror vacui è una cosa che un pochino ci impedisce di pensare, di conversare con le persone, di stare semplicemente in silenzio» e aggiunge che questa musica è «commerciante, perché è stato studiato che serve anche a vendere ed è legata alla produttività».

Produttività e qualità, talvolta scarsa. In questo accompagnamento rifilato alla clientela dei ristoranti, il critico musicale Alceste Ayroldi vede un utile diversivo per mascherare piatti non proprio all’altezza «che mangi ugualmente perché sei distratto da questa musica che magari canticchi perché è uno di quei brani che vanno molto di moda».

E dire che a un certo punto, nel rock alternativo, queste musiche avevano guadagnato una loro dignità. Negli anni ’90 artisti come Beck, Stereolab e altri pazzerelli le integrano nelle loro canzoni sporcandole con chitarre distorte e ritmi incalzanti. I pezzi acquisivano un tocco ironico e portavano l’easy listening fuori dal ruolo di semplice tappezzeria musicale.

Andando a ritroso nei decenni, non si può non citare Music for Airports (1978) di Brian Eno, disco cardine del genere ambient che prese le mosse dalle melodie diffuse nei luoghi di passaggio. Eno trovò ispirazione all’aeroporto di Colonia, dove notò che la musica invece di calmare i passeggeri aveva l’effetto contrario: «Mi resi conto che il tipo di musica riprodotta negli spazi pubblici non aiutava le persone. Cercava di essere allegra, ma sembrava falsa e irritante». Decise così di trasformare quei suoni in atmosfere che stimolassero quiete e riflessione.

Infine una curiosità: la parola “muzak”, in origine, era il nome dell’azienda specializzata in musica di arredamento che ha fornito spunto a un grande compositore del XX secolo: «I dischi della Muzak avevano ogni facciata che durava 4 minuti e 33 secondi: a quelli si è ispirato John Cage per il suo pezzo» ricorda Arciuli.

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Basta sottofondo musicale nei locali!

Voi che sapete... 07.10.2025, 16:00

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  • Claudio Farinone e Giovanni Conti

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