Musica operistica

Quel Puccini “ticinese”

È passato un secolo dalla morte del Maestro di Lucca, che soggiornò a più riprese nella Svizzera italiana dove trovò anche l’ispirazione

  • 29 novembre, 09:00
  • 29 novembre, 11:16
Giacomo Puccini

Giacomo Puccini (1858-1924) con sigaretta e bombetta

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Di: Andrea Rigazzi 

“La Bohème”, “Tosca”, “Madama Butterfly”, l’incompiuta “Turandot” e “Manon Lescaut”, il suo primo grande successo. Sono alcune delle opere più celebri di Giacomo Puccini, di cui ricorrono i cento anni dalla morte, avvenuta il 29 novembre del 1924 a Bruxelles.

Proprio “Manon Lescaut” fu scritta, in parte, durante i suoi soggiorni in Ticino, per la precisione a Vacallo. All’epoca, parliamo del diciannovesimo secolo, era abitudine di molti appartenenti alla “Milano bene” trascorrere il periodo più caldo, quello che andava da luglio a settembre, nella località del Mendrisiotto. Milanese d’adozione, Puccini ci passò le estati tra il 1888 e il 1892, a volte trattenendosi più a lungo. In una modesta casa di campagna, con l’ausilio di un pianoforte noleggiato a Chiasso, il Maestro lucchese lavorò alla creazione della Manon, che, acclamata da pubblico e critica, diede la svolta alla sua carriera. Con i guadagni ottenuti da questa opera poté estinguere i suoi debiti e ricomprarsi la casa di famiglia. Tornando all’abitazione vacallese, sulla sua parete esterna oggi campeggia una lapide commemorativa, che pone l’enfasi su come l’edificio fu strappato alla furia demolitrice da una decisione delle istituzioni.

Nei suoi periodi vacallesi, Puccini non si dedicò solo agli spartiti: trascorse il suo tempo passeggiando, conversando di politica con i notabili locali, giocando a bocce, altra sua grande passione, o andando a caccia, con l’area di Piangiovane-Sagno-Monte Bisbino quale territorio prediletto.

In seguito, tornerà ancora in Ticino. Salirà in Capriasca, a Cagiallo, per andare a trovare il pittore Luigi Rossi, il quale avrebbe dovuto occuparsi della scenografia di un’opera, progetto che non arriverà mai a compimento.

Le storie più piccanti ci conducono invece a Lugano, dove Puccini incontrò la sua amante, la baronessa bavarese Josephine von Stängel, di diciotto anni più giovane di lui. Era il 1917, con la Prima guerra mondiale in pieno svolgimento: il compositore ottenne un permesso speciale per raggiungere la donna in territorio neutrale. Autorizzazione che gli verrà revocata di punto in bianco, proibendogli l’entrata in Svizzera proprio perché in rapporti con una persona di una nazione in conflitto con l’Italia. Il Maestro non la prese benissimo (eufemismo) e neppure - per altri motivi - la moglie Elvira, che da questo episodio ricevette la conferma del tradimento. Il loro amore fu sempre piuttosto tormentato e incandescente, a causa della grande passione che li animava ma anche delle scappatelle di lui.

Dal Ticino transitarono pure le vicende immediatamente successive alla morte di Puccini. Il suo feretro attraversò il Cantone nel viaggio di ritorno dal Belgio verso l’Italia. Non avendo trovato marconisti di lingua italiana a Lucerna, il cronista del “Corriere della Sera” al seguito aspettò di far telegrafare il suo manoscritto da un addetto di Airolo. Le parole trasmesse dalla Leventina finirono sull’edizione del Corriere distribuita dagli strilloni nella Milano che rendeva omaggio all’illustre salma.

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Un Puccini ticinese

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