Società

Perché abbiamo ancora bisogno del mese del Pride?

Perché le persone LGBT+ sono ancora ben lontane dall’avere gli stessi diritti di tutte le altre. Alcuni dati poco noti sulle violenze legalizzate che subiscono le persone LGBT+ in Europa

  • Ieri, 17:00
  • Un'ora fa
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Di:  Elena Panciera 

In 43 stati europei, e in 21 che fanno parte dell’Unione Europea, è legale la mutilazione genitale infantile. Tra questi ci sono Svizzera e Italia. Sembra un’affermazione assurda, vero? Distopica. Ma come, in Europa, la culla della civiltà e della democrazia occidentali? «Quelle cose non succedono qui» – e invece succedono eccome, solo che spesso le chiamiamo in un altro modo: «Solo la Germania, la Grecia, l’Islanda, Malta, il Portogallo e la Spagna hanno proibito ogni tipo di intervento medico o chirurgico su minori intersex» (Intersex bodily integrity 2025 Main Findings, in Rainbow Map, ILGA Europe, 2025).

Facciamo un passo indietro, per capire chi sono le persone intersex. Michela Balocchi, curatrice dell’antologia multidisciplinare Intersex (ETS, 2019), spiega che «intersex è un termine ombrello con cui si comprendono tutte quelle variazioni di caratteristiche di sesso genetico/cromosomico, gonadico/ormonale, e/o anatomico (relativo alle caratteristiche sessuali primarie e secondarie) di una persona che non rientrano nelle tipiche nozioni binarie dei corpi considerati femminili o maschili». In altre parole, una persona intersex ha una combinazione di caratteristiche canonicamente associate al femminile e al maschile. Si stima che fino al 1,7% della popolazione nasca con tratti intersex (Intersex people. OHCHR and the human rights of LGBTI people).

Le mutilazioni genitali che subiscono i minori intersex non hanno scopi medici o sanitari: vengono eseguite su corpi sani, quando l’aspetto dei loro genitali esterni non hanno un aspetto abbastanza “normale” da poter essere considerati “maschili” o “femminili” (What is Intersex Genital Mutilation (IGM)?, OII Europe). Queste mutilazioni possono avere conseguenze pesantissime sulla salute fisica e psicologica.
 

Ma la situazione non è migliore per quanto riguarda altri aspetti della vita di persone LGBT+. Per esempio, al 5% delle persone intervistate in occasione del National LGBT Survey del Regno Unito (2019) è stata proposta qualche “terapia” o “pratica di conversione”, e il 2% ha dichiarato di averla effettivamente subita. Queste pratiche, che spaziano da trattamenti pseudo-psicologici fino a interventi chirurgici e stupri “correttivi” dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, vengono usate per “curare” persone LGBT+ dall’essere lesbiche, gay, bisessuali o trans (National LGBT Survey). Le percentuali si alzano tra la popolazione trans (semplificando: che non si riconosce nel sesso che gli è stato assegnato alla nascita): il 4% ha subito una qualche pratica di conversione e all’8% è stata proposta. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità le terapie di conversione sono «procedure mediche non necessarie e non etiche», e anche «non scientifiche, dannose e che contribuiscono al perpetuarsi dello stigma e della discriminazione» (Frequently Asked Questions on Sexual and Gender Diversity, Health and Human Rights - an Introduction to Key Concepts, World Health Organization, 2024). Il loro «impatto profondo sugli individui comprende una significativa perdita di autostima, ansia, sindrome depressiva, isolamento sociale, difficoltà di intimità, odio verso sé stessi, vergogna e senso di colpa, disfunzioni sessuali, ideazione suicida e tentativi di suicidio, sintomi di disturbo post-traumatico da stress, oltre a dolori e sofferenze fisiche spesso significative» (Practices of So-called “Conversion Therapy”. Report of the Independent Expert on Protection Against Violence and Discrimination Based on Sexual Orientation and Gender Identity, United Nations Human Rights, 2020).

Secondo la relazione nazionale svedese Unga hbtq-personers utsatthet för omvändelseförsök i Sverige (cioè L’esposizione dei giovani LGBTQ ai tentativi di conversione in Svezia, MUCF, 2022), il 18% delle giovani persone LGBTQ+ ha dichiarato che qualcuno ha cercato di influenzare il loro orientamento sessuale, la loro identità di genere o la loro espressione di genere. La maggior parte di loro ha riferito di essere stata invitata a “cambiare”. Anche questa relazione ha fatto emergere che le persone trans hanno maggiori probabilità di essere colpite da questo tipo di violenza rispetto alle persone LGBT+ cisgender (cioè, semplificando, quelle che si riconoscono nel genere assegnato loro alla nascita).

In Europa sono bandite solamente in 10 stati: Belgio, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Malta, Norvegia, Portogallo e Spagna. In tutti gli altri, tra cui Svizzera e Italia, non c’è una legge che le vieti.

Il 17 maggio 2025 si è chiusa la raccolta di adesioni per chiedere alla Commissione europea di proporre nuovi atti legislativi per Vietare le pratiche di conversione nell’Unione europea. Sono state raccolte 1.245.839 firme, e ora la Commissione dovrà rispondere.

E la Svizzera? Secondo la Rainbow Map di ILGA Europe è al 18° posto in Europa, con una percentuale di iniziative a sostegno della comunità LGBT+ che arriva al 50,12 su un totale auspicato di 100. C’è ancora molta strada da fare perché tutte le persone abbiano non solo gli stessi doveri, ma anche gli stessi diritti. Giugno, il mese del Pride, è un’occasione per celebrare i tanti traguardi raggiunti, ma anche per non distogliere l’attenzione da tutti quelli che ancora dobbiamo ottenere. Uguali diritti significa una società più equa e giusta per chiunque, una società in cui davvero possiamo avere quella che lo scrittore e attivista Fabrizio Acanfora definisce «convivenza delle differenze» (In altre parole. Dizionario minimo di diversità, effequ, 2021).
 

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