Almeno due personaggi femminili (con un nome), che devono parlare tra loro di qualcosa che non sia un uomo: il test di Bechdel è una sorta di prova del nove per valutare la presenza femminile nei film e in televisione. Questo test non è un certificato inappuntabile di qualità femminista, come fa notare Bri Castellini, che propone una propria versione del test. Ma è la base minima: superare il test non garantisce che la rappresentazione femminile sia di qualità o priva di stereotipi, ma indica solo la presenza di un’interazione minima indipendente dalla figura maschile. È come controllare se in un edificio c’è la luce elettrica: necessario, ma non sufficiente a renderlo abitabile.
Il test prende il nome da Alison Bechdel, autrice del fumetto Dykes to Watch Out For (“Lesbiche da tenere d’occhio”), che nel 1985 ha pubblicato la striscia The Rule (“La regola”). L’autrice preferisce chiamare il test Bechdel-Wallace per riconoscere il contributo di Liz Wallace, l’amica che lo ha ispirato, e che a sua volta si è ispirata a un capitolo di Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf.
L’analisi del database della Bechdel Test Movie List offre una panoramica su come la rappresentazione femminile nel cinema si è evoluta nel corso del tempo. Il sito si basa sui contributi degli utenti, quindi le valutazioni sono soggettive e possono contenere errori. Il numero di film recenti è enormemente superiore a quello dei primi del Novecento: il campione moderno è quindi statisticamente più rappresentativo dell’intera produzione cinematografica.
Circa il 57% dei film supera tutti e tre i criteri (dati aggiornati al 2022). Analizzando i film per anno di uscita, emerge che il progresso non è stato costante: la percentuale di film usciti tra gli anni ’30 e ’50 che superano il test è poco sotto il 50%, ma nel ventennio successivo c’è un regresso. Dagli anni ’70 a oggi c’è stata invece una crescita costante, che è arrivata a circa il 70%.
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Un dato interessante riguarda il rapporto tra budget, incassi e chi lavora dietro le quinte: i film che falliscono il test tendono ad avere budget di produzione significativamente più alti rispetto a quelli che lo superano. I film che non passano il test tendono a incassare di più nel mercato domestico (USA), mentre gli altri spesso performano meglio nel mercato internazionale. Lyle Friedman, Matt Daniels, Ilia Blinderman hanno mappato 4.000 film nel 2017 e hanno reso il database navigabile nell’articolo Hollywood’s Gender Divide and its Effect on Films. La presenza di donne nel team di scrittura è determinante: un film scritto da un team femminile ha circa 8 volte più probabilità di superare il test rispetto a uno scritto da un team di soli uomini (Women-led Films Dominate at the Box Office, Study Finds, di Andrew Pulver, 2018).
Martha M. Lauzen ha rilevato come, per la prima volta nella storia recente, nel 2024 la percentuale dei film statunitensi con i maggiori incassi che hanno protagoniste (42%) ha eguagliato la percentuale dei film con protagonisti. Meno di 4 film su 10 hanno protagoniste, e più di 7 film su 10 hanno più personaggi maschili che femminili. Il sessismo si mescola all’ageismo (discriminare per via dell’età): le donne più rappresentate sono le trentenni. Ha più di 40 anni solo il 26% delle personagge, contro il 55% dei personaggi.
Meno di 4 film su 10 hanno protagoniste, e più di 7 film su 10 hanno più personaggi maschili che femminili. Il sessismo si mescola all’ageismo (discriminare per via dell’età): le donne più rappresentate sono le trentenni. Ha più di 40 anni solo il 26% delle personagge, contro il 55% dei personaggi.
Gli stereotipi di genere fondamentali permangono nei film di maggior incasso del 2024: identifichiamo le personagge in relazione al loro rapporto con gli uomini, i personaggi in base a ciò che fanno. Del 70% delle protagoniste conosciamo lo stato civile, contro il 40% dei protagonisti. Al contrario, il 75% dei protagonisti ha una professione identificabile, ma solo il 64% delle protagoniste. Inoltre, il 63% dei leader nei film è uomo.
I film diretti o scritti da donne hanno mostrato una rappresentazione femminile significativamente maggiore rispetto a quelli con soli uomini dietro le quinte. L’81% dei film con almeno una regista o una sceneggiatrice donna ha una protagonista, contro il 33% dei film con registi o sceneggiatori. E del resto, nei 250 film con maggiori incassi domestici, la presenza femminile nei ruoli chiave (regia, sceneggiatura, produzione, montaggio, fotografia) è ferma al 23%. Nei top 100, la percentuale scende addirittura al 20%, in calo rispetto al 2023. La regia è ferma al 16% (scende all’11% nei top 100). L’82% dei film non ha donne alla regia. Il divario sistemico è evidente. Ma chi dirige fa la differenza: nei film con almeno una regista, la presenza femminile sale drasticamente a ogni livello.
E la Svizzera? Risalgono al 2016 gli Strumenti per l’equità di genere nell’industria cinematografica svizzera approntati da Nicole Schroeder per FOCAL. Nel marzo 2025 l’Ufficio federale della cultura ha pubblicato lo studio pilota Diversity on screen of Swiss films (“Diversità sullo schermo dei film svizzeri”). Focalizzato sui film del 2024, dà una prospettiva qualitativa più approfondita rispetto ai report precedenti. Il dato più sorprendente del 2024 riguarda i ruoli principali: le donne sono protagoniste del 69% dei film svizzeri. È una differenza enorme rispetto al cinema statunitense mainstream, dove nel 2023 le protagoniste si fermano al 28%.
“Alison Bechdel. The Essential”
Alphaville 18.08.2025, 11:05
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Perché questo dato è così alto? La risposta risiede in chi sta dietro la macchina da presa. Quando la regia è femminile (48% dei film analizzati), nel 90% dei casi la protagonista è una donna. Anche i registi svizzeri mostrano una sensibilità superiore alla media internazionale: nei loro film, le protagoniste femminili sono il 45%. Ma se il dato sulle protagoniste è ottimo, l’analisi mostra che la presenza femminile cala man mano che il ruolo diventa meno centrale: le personagge maggiori sono il 47%, quelle parlanti il 42%.
Lo studio pilota ha analizzato anche come vengono rappresentate le donne rispetto agli uomini. In Svizzera il divario di età è meno marcato che altrove. La differenza media tra personaggi maschili (44 anni) e femminili (41 anni) è di soli 3 anni. Un altro dato positivo riguarda la rappresentazione professionale. Non c’è differenza significativa tra donne e uomini: per entrambi i generi, lo status occupazionale è noto o ignoto in egual misura. Per quanto riguarda lo stato civile, resiste lo stereotipo classico: è più probabile che si conosca lo stato civile di un personaggio femminile rispetto a uno maschile. Anche qui, le donne vengono ancora definite in relazione alla famiglia più spesso degli uomini.
Il cinema svizzero del 2024 mostra un avanzamento netto nella centralità narrativa delle donne (69% di protagoniste), trainato dalla forte presenza di registe. Tuttavia, persiste un disequilibrio nei ruoli secondari e di sfondo (solo il 42% dei personaggi parlanti è donna), suggerendo che la “normalità” rappresentata sullo schermo è ancora maschile, anche quando l’eroina è una donna.
La lezione svizzera è chiarissima: chi detiene lo sguardo decide la narrazione. Non possiamo aspettarci storie diverse se continuiamo a farle raccontare dalle stesse persone, non possiamo immaginare futuri altri se ci sono sempre gli stessi protagonisti, dentro e fuori dagli schermi. Continuiamo a ripeterlo: non è una questione di talento, ma di potere. Che va ridistribuito.







