TERRITORIO E TRADIZIONI

Alla scoperta dei pani svizzeri: Ticino

La Svizzera conta oltre 200 tipologie di pane, tra mito e realtà ne scopriamo storia e forme

  • 22 marzo 2023, 20:25
Pani Ticino copertina RSI

da sinistra a destra, pane ticinese, pane Vallemaggia, fiascia

  • ©Luisa Jane Rusconi
Di: Luisa Jane Rusconi

Un viaggio tra le specialità panificatorie del Paese con più varietà di proposte, tra pagnotte, filoni e panini: la Svizzera, infatti, conta ben oltre 200 tipologie di pane! Insieme scopriremo i segreti dei pani più conosciuti e approfondiremo varietà meno comuni, tra mito e realtà, di regione in regione. Cominciamo il nostro viaggio con le origini dei pani ticinesi, alcuni dei quali creati ad arte per i turisti (specialmente svizzero-tedeschi…).

Caratterizzare un prodotto e avvicinare la clientela con valori di genuinità e tradizione è tra le strategie di marketing più azzeccate per intrigare e fidelizzare. Partendo da questo assunto, siamo proprio sicuri che il pane che gustiamo abbia delle radici lontane e fosse presente sulle tavole dei nostri antenati?
Poco plausibile. L'alimentazione dei ticinesi dei secoli scorsi, infatti, era assai povera e ripetitiva e poggiava principalmente su due ingredienti cardine: castagne e polenta. Può sembrare strano, ma il pane si consumava in occasioni speciali e non veniva portato in tavola quotidianamente.
Partiamo, dunque, dal pane più iconico conosciuto in tutta la Svizzera: quello ticinese.

Il pane ticinese: un bene di lusso fino ai primi del Novecento

Le denominazioni più antiche variavano a seconda della regione: pan riga, reale, pan riaa, lireta, pan a michet, pane a fila, pan fila, bagetta o bagia. Oggi è prodotto in tutta la Svizzera italiana e apprezzato anche oltralpe.

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pane ticinese, Ticino

  • ©Luisa Jane Rusconi

Prima testimonianza del termine bagia lo si ha in un regolamento emanato dalla municipalità di Bellinzona nel 1812, dove si menziona il prezzo fissato del pane di frumento cosiddetto “Baggia". Si presume che con questo termine ci si riferisse a un mezzo pane ticinese.
Composto da file di quattro, cinque o sei michette, allungate o arrotondate, per farlo si impastano della farina semi-bianca o bianca; un pre-impasto (chiamato biga); lievito di birra; sale e olio. Proprio l’impiego di farine raffinate e pregiate facevano di questo pane un bene di lusso, prodotto esclusivamente dalle panetterie, fino ai primi anni del 1900.
Il nome Tessiner Brot fu attribuito a questo pane negli anni 1950-60, per iniziativa della scuola Richemont di Lucerna, che stabilì una serie di pani tipici legati a ogni cantone svizzero.

Il pane Vallemaggia: il più amato dagli svizzero tedeschi

Il secondo pane “ticinese” più famoso oltralpe è lui! Un pane rustico dalla crosta scura e croccante e una mollica alveolata e saporita, molto amato dai nostri compatrioti germanofoni. Ma quanti sanno che il pane Vallemaggia in realtà è nato ad Ascona una cinquantina di anni fa?

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pane Vallemaggia, Ticino

  • ©Luisa Jane Rusconi

Correva l’anno 1969 quando Nereo Cambrosio, tra i più grandi panettieri-pasticceri a livello svizzero ed europeo, fece con la signora Emerica Naretto (dell’omonima panetteria di Ascona) una prova impastando farina di segale e bigia con un resto di pasta lievitata rimasto dalla produzione del panettone, come raccontato da Christian Caterina - attuale titolare della panetteria - in una puntata di Squadra Esterna con la rubrica Gustando di Fabrizio Casati.
La ricetta originale rimane un segreto ambito e diversi mulini svizzeri producono le proprie miscele di farine con la ricetta corredata, anche se alcuni panettieri lavorano con formule e miscele proprie ed è questa la ragione per la quale in giro si possono trovare diverse tipologie di pane Vallemaggia.
L’origine del nome rimane un mistero, anche se si pensa che sia nato per dare una connotazione regionale e attrarre i clienti svizzero tedeschi, più abituati ai pani scuri.
Il pane della Vallemaggia è amatissimo anche in cucina, come ingrediente, eccovi qualche piatto:

La fiascia: il pane più antico della Vallemaggia

In realtà è la fiascia il panificato più tipico della Vallemaggia, un tipo di focaccia prodotta con la farina di castagne.
Si presume che il nome derivi da focaccia, ma viene anche detto pane di castagna o pan da castegn.

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fiascia, Ticino

  • ©Luisa Jane Rusconi

Il pane a base di farina di castagne era già conosciuto in Ticino dal 1680, come testimoniato da J. J. Wagnerla in “Historia naturalis Helvetiae curiosa”. Alimento fondamentale per la vita in alpe durante la transumanza estiva, la fiascia si conservava per mesi e mesi.
La sua produzione diminuisce a metà dell’800, per ritornare di uso comune durante la Prima guerra mondiale. In Val Bavona si preparava fino agli anni ‘50 e gli ultimi decenni hanno visto rinascere l’interesse per questo antico pane, soprattutto grazie ad attività legate alla storia del territorio.

L'antica preparazione della "fiascia"

RSI Archivi 28.12.1981, 14:22

Oggi la fiascia viene prodotta da pochi privati e nel forno di casa. Oltre la farina di castagne si aggiungono: farina bianca o di segale, zucchero, sale, lievito in polvere, olio, acqua e in alcuni casi l’impasto viene arricchito con frutta o spezie. La sua forma è rotonda e piatta anche se anticamente veniva preparata anche di forma quadrata e cotta su una pioda di pietra ollare scaldata nel caminetto. Se cotta nel forno del paese ogni famiglia contrassegnava il proprio pane con un disegno diverso in modo da poter riconoscere la propria produzione fuori dal forno. Piccola curiosità: il castagno viene anche chiamato l’albero del pane perché per molto tempo i suoi frutti sono stati alla base dell'alimentazione dei contadini.
Ben diversa l’origine del prossimo pane che prendiamo in esame, arrivato in Ticino dalla vicina Milano…

Il pan tranvai: il pane con l’uvetta che viene dalla Lombardia

Originariamente chiamato in Ticino Pan di/dai üghett - pane all’uvetta onsernonese arricchito con anice e finocchietto -, o pan ügheta, a seconda delle varietà regionali, il pane arricchito di uva passa si uniforma con il tempo identificandosi nella tipologia del pan tranvai grazie all'influenza della cultura lombarda. Il pan tranvai è infatti un pane alle uvette di origine milanese.
Il nome nasce dall’uso che ne facevano i tranvieri, che lo consumavano a colazione in virtù del suo apporto calorico. Un’usanza poi diffusasi tra gli impiegati che viaggiavano proprio con il tram per recarsi al lavoro. Un pane di un certo prestigio, visto l’utilizzo di farina bianca, latte e uva passa - almeno il 50% rispetto alla pasta lievitata - nell’impasto.

Oltre ai grandi classici… piccoli pani ticinesi crescono!
Ci sono pani che nascono dalla curiosità, dall’ingegno e dallo spirito imprenditoriale di alcuni nostri panettieri. Tra questi possiamo annoverare il pane Sant’Abbondio e il Rogga Broot.

Il pane Sant’Abbondio

Questo pane scuro, rustico e aromatico nasce quasi vent’anni fa nel paesino di Sant’Abbondio, sulla riva sinistra del Lago Maggiore, nel laboratorio di Renato Gobbi, panettiere attento alla selezione degli ingredienti, che riesce a creare un pane inimitabile usando la lunga lievitazione e un particolare metodo di cottura.
La ricetta del pane, su suggerimento di Nereo Cambrosio, venne poi brevettata e oggi, per poter produrlo, è necessario contattare l’unico mulino che possiede i diritti sulla miscela e il suo metodo di produzione.

Il Rogga Broot

È la ricerca delle radici a caratterizzare questo ultimo pane che prendiamo in esame: il Rogga Broot, nasce grazie a un progetto del 2017 atto a riportare il pane di segale a Bosco Gurin dopo oltre 100 anni di assenza.
Sono l’Associazione DURGA e Matteo Bonzanigo a lavorare a braccetto affinché i tasselli della storia si ricomponessero per collezionare dettagli preziosi, andati persi, relativi alla preparazione di questo pane di segale ottenuto da una farina di segale macinata in maniera grezza. È stato proprio il panettiere Matteo Bonzanigo, esperto di forni a legna, a ripercorrere le tracce rimaste per elaborare una nuova ricetta, oggi utilizzata per produrre il pane nel forno a legna di Bosco Gurin una volta l’anno.

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