La testimonianza

“Minacce a mio marito per una domanda a Putin”

La giornalista franco-russa Elena Servettaz è stata confrontata con la repressione e le minacce delle autorità russe

  • 7 maggio, 11:59
  • 8 maggio, 15:12
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La giornalista di swissinfo.ch Elena Servettaz

  • Kai Reusser / swissinfo.ch
Di: Elena Servettaz (swissinfo.ch)

La prima volta che ho avuto direttamente a che fare con il regime di Vladimir Putin, avevo 16 anni. La seconda, ne avevo 29. La terza è stata di recente, a 39 anni.

Nel primo e nell’ultimo caso, ho perso il posto di lavoro. Nel secondo, mio marito è stato minacciato.

Non mi sono spaventata.

L’episodio che invece mi ha terrorizzato è stato quando, nel luglio 2012, il ministro siriano degli affari esteri ha reagito a un’intervista con l’ambasciatore russo a Parigi che avevo realizzato per una radio francese: “I giornalisti francesi sono assetati di sangue”, scrisse in un comunicato ufficiale.

Quando capì che elezioni in Russia non erano libere

Ma andiamo con ordine. Nel marzo 2000, l’anno dell’ascesa al potere di Vladimir Putin, avevo 16 anni e lavoravo in Russia per un piccolo canale televisivo. Presentavo un programma di informazione e intrattenimento destinato al pubblico adolescente, ed ero io a scrivere anche le sceneggiature e a scegliere gli argomenti delle puntate. Il giorno delle presidenziali, sono andata con un cameraman in un seggio elettorale, dove ho intervistato un generale dell’esercito russo sull’andamento delle elezioni. 

La sua dichiarazione mi ha sorpreso: “Ieri ho dato ordine di radunare tutto il corpo militare. Ho letto loro la biografia di Vladimir Vladimirovič Putin. E poi ho chiesto: ‘Avete capito per chi votare?’”.

Si trattò senz’altro di uno scoop. E in un istante avevo capito che non eravamo di fronte a elezioni libere. Il reportage è andato in onda dopo la chiusura delle urne, e il giorno dopo il mio caporedattore è stato convocato dall’amministrazione cittadina. Ci sono state anzitutto minacce e poi la mia trasmissione è stata chiusa. Questa vicenda è stata raccontata, diversi anni dopo i fatti, dal quotidiano britannico The Times.

Sempre nel 2000, sono stata ammessa alla facoltà di giornalismo dell’università pubblica moscovita, con il sostegno dell’ex presidente dell’Unione sovietica Mikhail Gorbaciov.

Una domanda scomoda per Putin

La seconda volta che mi sono trovata di fronte al regime di Putin è stata nel 2013, quando lavoravo per l’emittente Radio France Internationale (RFI). Ero accreditata per seguire come corrispondente il pool presidenziale di François Hollande e lo accompagnai nella sua prima visita di Stato in Russia. Durante la conferenza stampa, che si svolse al Cremlino, ho posto una domanda a Hollande e com’è normale che sia per una giornalista francese, l’ho fatto nella sua lingua.

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Nel 2013, Elena Servettaz è stata corrispondente accreditata nel pool presidenziale di François Hollande

  • swissinfo.ch

Vladimir Putin ne ha ascoltato nell’auricolare la traduzione in russo. La domanda era la seguente: “Secondo Human Rights Watch, lo scorso anno è stato il peggiore nella storia della Russia moderna per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. Cosa ne pensa, signor presidente? Sarei grata al presidente Putin, se anche lui volesse commentare”. L’episodio è stato riportato nella biografia ufficiale di François Hollande, che è stata scritta da un collega dell’agenzia di stampa France-Presse. È quanto accaduto dopo, invece, a essere decisamente meno noto.

Il presidente francese si è accontentato di darmi una risposta molto diplomatica. Vladimir Putin, invece, ha detto che, essendo io francese, non ero in grado di comprendere come funzionavano le elezioni in Russia.

Tornata a Parigi, quello che era allora mio marito ha ricevuto un avvertimento inequivocabile. Lavorava come ingegnere spaziale per una società europea, che lanciava satelliti per conto di altri Paesi dal cosmodromo russo di Baikonur.

Il direttore dell’agenzia spaziale russa Roscosmos ha telefonato al suo collega europeo e gli ha detto: “Desiderate che il vostro specialista possa continuare a recarsi a Baikonur? Allora ditegli di calmare sua moglie, che la smetta di porre domande al nostro presidente”. 

Il sostegno dell’emittente L’Eco di Mosca

Incredibilmente, la mia redazione francese non mi sostenne. Nonostante quella mia domanda a Putin fosse stata ripresa da tutti i maggiori quotidiani del mondo, compreso il New York Times.

In quel periodo lavoravo anche come corrispondente speciale da Parigi per la leggendaria emittente L’Eco di Mosca. È stato il suo caporedattore, Alexei Venediktov, a intervenire in mia difesa. Mi disse: “Devono anche solo provarci, a farti del male! Renderemo pubblica la vicenda, me ne occuperò personalmente”. Ancora oggi non so cosa Venediktov andò a dire a Roscosmos. Sta di fatto che non ci furono più minacce.

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Elena Servettaz con il caporedattore dell’Eco di Mosca, Alexei Venediktov

  • Elena Servettaz

Non è andata molto meglio con le mie più recenti vicende con il regime russo. Anzitutto, la procura generale del Paese ha messo fuori legge i media di Mikhail Khodorkovski, con il quale collaboravo per un progetto multimediale internazionale. Le autorità russe hanno definito “non grati” diversi progetti di Khodorkovski, e messo alla berlina alcuni media del Paese a causa dei loro legami con quei progetti. Nel 2021, per non mettere a repentaglio vite umane, Khodorkovski ha deciso di mettere la parola fine a tutte le sue attività. Il primo marzo 2022, all’indomani dell’invasione militare in grande stile dell’Ucraina, la stazione radio L’Eco di Mosca, con la quale continuavo a collaborare come corrispondente speciale, è stata bandita dall’etere. 

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Elena Servettaz anima a Londra una tavola rotonda con Mikhail Khodorkovsky, i politologi Alexander Morozov e Kirill Rogov e il giornalista dell’Economist Arkadiy Ostrovsky

  • Anastasia Mikhailovna

Lo stesso giorno, la Procura generale ha chiesto di bloccare il sito Internet dell’emittente, così come quello della televisione russa Dozhd. 

Secondo le autorità, il sito de L’Eco di Mosca conteneva “informazioni false sulla natura dell’operazione speciale militare in territorio ucraino”, nonché sui metodi di combattimento, sul numero di soldati russi morti, sugli interventi militari e sulle vittime fra la popolazione civile. 

Quell’estate sono stata assunta da swissinfo.ch. Da quando abbiamo pubblicato una serie di interviste che ho realizzato nel gennaio 2023 sui crimini di guerra russi in Ucraina, swissinfo.ch è inaccessibile dalla Russia.

L’articolo originale è stato pubblicato da swissinfo.ch e adattato dalla redazione di “dialogo”, un’offerta della SSR che propone contenuti da tutta la Svizzera tradotti in tutte le lingue nazionali e in inglese, oltre a uno spazio di dibattito, anche questo tradotto e moderato.

La fragilità del giornalismo libero

Alphaville 03.05.2024, 12:35

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