Durante tutto l’Ottocento, mentre l’Italia completava la sua unità nazionale, un flusso silenzioso ma costante di artigiani partiva dal canton Ticino verso Roma. L’emigrazione ticinese verso la Penisola aveva radici ben più profonde ma ciò che accadeva in quegli anni era diverso, sottolinea un approfondimento di Tvsvizzera.it. Per due ragioni. La prima è che la grandissima parte dei ticinesi che emigravano verso l’Urbe proveniva da Losone, un piccolo comune non distante dal Lago Maggiore. La seconda ragione è che quelle persone si specializzarono in un tipo di commercio molto specifico: i coltelli.
Non sappiamo come mai i losonesi scelsero, tra le tante città dell’Italia ancora disunita, proprio Roma. Ma come spesso accade, anche in questa storia di migrazione un ruolo importante è stato giocato dal passaparola dei connazionali.
Il primo losonese storicamente identificabile con una bottega propria nel centro di Roma è Isaia Camani. Secondo quanto scrive Renata Broggini nel saggio “Emigranti losonesi nella Roma dell’Ottocento”, a metà dell’Ottocento Camani si trasferì a Roma per lavorare nel negozio di un suo compaesano. Fino a quando non decide di aprire la propria bottega in piazza del Pantheon 64. La bottega divenne famosa per la qualità dei suoi servizi, tanto che il successore Bernardo Broggini (anche lui losonese) poté fregiarsi del titolo di “arrotino di fino della Real Casa”, con medaglie e diplomi.
Quella fondata da Isaia Camani è stata la prima bottega losonese a Roma e, sebbene con cambi di denominazione e di proprietà, è stata attiva come “coltelleria svizzera” fino al 2000.
Nel frattempo gli arrotini e i coltellai losonesi riempirono presto le strade e le piazze della Roma papalina svuotando quelle di Losone. Tra il 1859 e il 1920, Losone perse quasi un quarto della sua popolazione. Solo nel 1860 si contavano ben 22 botteghe ticinesi all’ombra del Colosseo.
Ma quella che poteva sembrare una fuga era in realtà un progetto: aprire botteghe nel cuore di Roma, diventare fornitori della nobiltà e, in alcuni casi, costruire imperi commerciali durati oltre un secolo.
Le famiglie losonesi che scrissero la storia di Roma
Tra le botteghe del centro di Roma, dunque, a partire dalla metà dell’Ottocento cominciarono a spuntare insegne con cognomi che sapevano di Lago Maggiore: Broggini, Camani, Tonaccia e Braguglia.
I Broggini furono senza dubbio i più celebri. Arrivati nella capitale quando Roma era ancora papalina, aprirono negozi in luoghi strategici come piazza del Pantheon, via del Corso e via Nazionale, specializzandosi in coltelleria e articoli da tavola. Bernardo Broggini, che rilevò la storica bottega di Isaia Camani, divenne presto il nome di riferimento della comunità losonese a Roma. I suoi discendenti continuarono per generazioni a rifornire l’aristocrazia romana, tanto che le loro liste nozze erano sinonimo di qualità.
Accanto ai Broggini, meno conosciuti ma altrettanto abili, c’erano i Camani, parenti del capostipite Isaia. Nel tempo i famigliari del primo losonese divennero maestri stagnari specializzati in impianti idraulici. Le loro opere si trovano ancora oggi in alcuni dei palazzi più prestigiosi della città: dal Palazzo Farnese alla Farnesina, fino ai giardini vaticani. Mentre i Broggini affilavano coltelli, i Camani lavoravano il metallo con altrettanta perizia, lasciando un’impronta duratura nell’edilizia romana.
E poi c’erano gli Albertini, i Balossi, i Tonaccia, i Fornera, gli Ambrosia e chissà quanti altri i cui nomi e identità si sono persi nel tempo. Come annotò nel 1912 don Siro Borrani, prevosto di Losone, “[a Roma] con il mestiere dell’arrotino non pochi si sono procurate rispettabili fortune”. Lo stesso don Borrani spiega che “i losonesi emigranti, benché fedeli in genere al tradizionale lavoro dell’arrotino, si danno in parte alla drogheria, alla pasticceria, alla rosticceria”.
I losonesi emigrati a Roma, dunque, pur rimanendo in città e diversificando le loro attività, rimasero sempre legati al loro territorio d’origine. A dimostrarlo è la storia dei Braguglia, l’ultima famiglia losonese ancora in attività.

La sede storica della ditta della famiglia Braguglia
Braguglia, losonesi a Roma da cinque generazioni
A raccontare a Tvsvizzera.it la storia della sua famiglia è Leonardo Braguglia che ad oggi è a capo, insieme alla figlia Chiara, della ditta “Principio Braguglia”.
“Il mio bisnonno, Principio, era un garzone ticinese. Arrivò a Roma nel 1876 e l’anno successivo rilevò l’attività dal precedente proprietario, un certo Giorgio Pedrazzoli, anche lui svizzero”.
Al suo arrivo sulle rive del Tevere, Roma era da poco diventata capitale del Regno d’Italia, ma non era di certo la metropoli che è oggi. Il suo centro storico era ancora un centro cittadino vero e proprio ed è lì che insieme alla moglie Emilia Angeloni, anche lei losonese, dedicò la sua vita a un’attività nella quale operò fino al 1907, anno della sua morte.
“La bottega, dunque, rimase nelle mani della mia bisnonna. Poco dopo, quando Mussolini decise di demolire il borgo dove nasceva la bottega originale, l’attività fu spostata di 200 metri, in piazza Campitelli”. Di questa seconda bottega esistono diverse immagini in bianco e nero. Alcune delle quali il signor Leonardo Braguglia tiene ben in vista nel suo ufficio.

La sede dell’azienda Braguglia
“In quegli anni – continua Leonardo – iniziarono a lavorarci mio nonno e suo fratello, poi mio padre e mio zio. È sempre stata un’azienda a conduzione familiare. Siamo rimasti lì per più di 70 anni, finché all’inizio degli anni Ottanta la ZTL ha iniziato a limitare l’accesso al centro”. Il lavoro della famiglia Braguglia per anni è stato sempre lo stesso, arrotini e coltellai. Ma in concomitanza con i mutamenti che stavano facendo di Roma una città turistica a tutti gli effetti, anche l’attività fu costretta a mutare per adeguarsi ai tempi fino alla forma attuale: un’azienda specializzata nella rivendita di attrezzatura per l’edilizia. Ciò che è rimasto immutato è il legame con la Madre Patria.
“Mio padre era cittadino svizzero, io sono cittadino svizzero e allo stesso modo lo sono le mie figlie. Una delle quali vive lì, come mio fratello e mia madre”. In Svizzera, ma non a Losone. “Purtroppo no. Mia madre vive a Tenero, mio fratello Guglielmo a Muralto e mia figlia Cecilia invece è a Wädenswil, nel canton Zurigo. Ma nessuno a Losone. Abbiamo mantenuto la memoria familiare di Losone, che per noi è importante, però non ci sono più legami pratici. Né io ci sono mai stato. Magari un giorno ci andrò, anche solo per vedere il paese da cui è partita tutta questa storia”.
Ul cavagnatt – Il cestaio
Laser 28.05.2025, 09:00
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