Un tesoro è rimasto per anni nel solaio della Chesa Planta a Samedan: una straordinaria collezione di abiti storici del XVIII e XIX secolo. Ogni tanto qualcuno si occupava dei tessuti, ma ora vengono studiati in modo scientifico, come spiega RTR.
Per la direttrice Martina Shuler Fluor, questo lavoro scientifico è come un sogno che si realizza, dato che è un progetto che le è stato a cuore da quando è alla Chesa Planta, e la ricchezza della collezione l’ha stupita: “Non credevo che fosse un tesoro così grande. Sapevo che era bello e molto speciale, ma che ne sarebbe uscito qualcosa del genere è una sorpresa anche per me”.
Un tesoro di vestiti storici (RTR, 09.06.205)
Una collezione unica in Europa
Per il lavoro di analisi scientifica, i responsabili della Chesa Planta sono riusciti a coinvolgere la rinomata esperte di abiti storici Thessy Schönholzer Nichols, che sottolinea l’unicità di questa collezione: “La particolarità è lo stato di conservazione degli abiti. Sono naturalmente unici perché risalgono al XVIII secolo. Questo è certamente raro, ma di tanto in tanto se ne trovano. Qui abbiamo però più di 300 vestiti e accessori, che si trovano in uno stato eccellente”.
Il lavoro di esaminare ogni capo d’abbigliamento, documentarlo e inventariarlo, è iniziato a maggio di quest’anno e ha già permesso di svelare storie del passato. Schönholzer-Nichols, ad esempio, sottolinea che il rapporto con l’igiene era molto diverso e in alcune piccole tasche sul petto degli abiti ha trovato tracce di rosmarino, lavanda e piccoli frutti, che fungevano da profumo naturale.
Gli abiti, alcuni dei quali provengono addirittura dalla corte di Luigi XIV, si sono mantenuti in ottime condizioni anche grazie all’ambiente secco della Chesa Planta, che non viene riscaldata.

Potenziale per la ricerca e l’identità regionale
Gli abiti appartenevano ai Salis e ai Planta, antiche e prestigiose famiglie nobili grigionesi, e lo studio della loro storia assieme alla collezione rappresentano un grande potenziale per la ricerca e l’identità regionale, secondo Annetta Ganzoni, presidente del consiglio di fondazione della Chesa Planta.
“Sono le persone che vivevano qui. Ci sono ritratti degli antenati dei Salis e Planta in cui indossano questi vestiti” sottolinea Ganzoni, che vuole rendere accessibile al pubblico questo tesoro, anche se per ora si sono mossi solo i primi passi.
Un museo al freddo
Questa straordinaria collezione potrebbe diventare un’attrazione culturale e turistica importante per Samedan e l’Engadina. Ne è convinta anche Schönholzer Nichols, che ha già delle idee su come metterla in mostra: “Mi immagino che il museo rimanga freddo, non riscaldato. In inverno si potrebbe visitare con coperte e scaldini”. Una soluzione che consentirebbe di mantenere le condizioni che hanno permesso agli abiti di arrivare ai giorni nostri in uno stato eccellente.
I vestiti della Speranza
Parzialmente scremato 12.06.2025, 06:00
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