INTERVISTA

“La Turchia sta flettendo i muscoli” contro il terrorismo

In aumento le operazioni di polizia contro i gruppi dello Stato Islamico - L’analisi di Valeria Giannotta, direttrice scientifica dell’Osservatorio Turchia del Cespi

  • Un'ora fa
Degli agenti di polizia turchi in servizio a Istanbul
06:12

La presenza dell'ISIS in Turchia

SEIDISERA 29.12.2025, 18:00

  • Keystone
Di: SEIDISERA-Burkard/Gi.Lo 

In Turchia un’operazione di polizia contro presunti membri dell’ISIS è sfociata la scorsa notte in una sparatoria a Yalova, una cittadina a sud di Istanbul. La retata ha portato alla morte di tre agenti, al ferimento di altri otto e all’uccisione di sei presunti membri dello Stato Islamico, tutti di nazionalità turca. Altre cinque persone sono state arrestate.

Nel mirino delle autorità turche c’era un gruppo di presunti terroristi dello Stato Islamico che poco dopo l’irruzione hanno aperto il fuoco contro le forze dell’ordine. Si tratta solo dell’ultima rappresaglia delle forze dell’ordine negli ultimi mesi nei confronti di presunte cellule terroristiche, che in Turchia non sono mai scomparse. La settimana scorsa le autorità hanno dichiarato di aver arrestato 115 persone a Istanbul, sospettate di essere membri dell’ISIS e di aver organizzato attacchi terroristici per gli eventi di Natale e di Capodanno.

La RSI ha intervistato Valeria Giannotta, direttrice scientifica dell’Osservatorio Turchia del Cespi, un’associazione indipendente italiana che analizza le relazioni internazionali.

Quali sono le rivendicazioni dei terroristi e dello Stato Islamico in particolare?

“L’obiettivo è innanzitutto quello di creare scompiglio a livello interno e anche a livello regionale. Dall’altra ci possono essere anche delle assonanze con tutto ciò che sta succedendo nella Striscia di Gaza. Si tratterebbe quindi rivendicare, con degli attentati, quelle che sono le istanze filo-palestinesi o comunque filo-musulmane, filo-islamiste”.

Potremmo quindi dire che la volontà dei gruppi terroristici è quella di destabilizzare e quasi di far cadere il governo del Presidente Erdogan?

“In realtà sì e no. Dipende, io credo che soprattutto le cellule di matrice islamista trovano in Turchia un territorio familiare. La Turchia è un Paese con un confine abbastanza poroso, nonostante i controlli. C’è sicuramente la volontà di porre in cattiva luce il governo di Erdogan o comunque la Turchia in generale. Una Turchia che magari, da questi gruppi estremamente islamisti, viene percepita come troppo orientata all’occidente”.

I gruppi islamisti compiono attacchi da più di dieci anni in Turchia, e il periodo più intenso è stato quello tra il 2015 e il 2016, quando gli attentati nel paese accadevano quasi ogni mese. Gli eventi di questi ultimi giorni segnano in qualche modo una ripresa degli attacchi?

“Effettivamente in quegli anni la Turchia è stata oggetto e vittima di diversi attentati terroristici di diversa matrice. E questo un po’ era da leggersi anche in prospettiva regionale. Cioè all’epoca la Turchia aveva un approccio molto più assertivo quanto riguarda i rapporti con gli stati confinanti”.

“Dal 2021 in poi l’approccio regionale della Turchia è cambiato e il Paese ha adottato un approccio molto più orientato alla mediazione e alla negoziazione, con l’obiettivo di ergersi ad attore di stabilizzazione regionale. Sostanzialmente in questi anni, quindi dal 2018 in poi, gli attacchi terroristici in Turchia si sono sopiti, almeno su larga scala; poi ci sono sempre stati degli episodi isolati”.

“Oggi la Turchia sta flettendo i muscoli molto di più per quanto riguarda l’esistenza di cellule terroristiche o di attori percepiti quali minaccia alla stabilità del Paese. Questo ha risvegliato quelle che erano le cellule esistenti in Turchia, ma quasi sopite”.

In tutto questo, come si sta comportando il governo?

“C’è una nuova linea strategica del governo Erdogan, che sotto lo slogan “La Turchia senza terrorismo” ha avviato ormai da un paio di mesi delle manovre molto più specifiche atte a debellare qualsiasi tipo di minaccia terroristica interna al Paese. Questa nuova strategia nel governo Erdogan è dettata sostanzialmente da calcoli di opportunità politica a fini elettorali”.

In questo momento però Erdogan non è dato come favorito alle prossime elezioni, che si terranno probabilmente nel 2028. In che modo la lotta al terrorismo rientra nella sua strategia per restare al potere?

“Tutte le forze di polizia, il Ministero degli Interni e l’intelligence si sono mobilitate per debellare qualsiasi tipo di minaccia terroristica. Lo scopo è far emergere una Turchia stabilizzata ed estremamente accentrata per capitalizzare su questa nuova politica più basata su istanze nazionaliste. Si tratta di una politica che enfatizza la grandezza della Turchia come attore stabilizzante sia a livello domestico che regionale”.

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