A Doha, in Qatar, sono in corso trattative per un cessate il fuoco a Gaza. Vi prendono parte i vertici del Mossad e della CIA, come pure il capo dell’intelligence egiziana. Hamas ha proposto il rilascio di tutti gli ostaggi rapiti il 7 ottobre (si pensa che oltre una quarantina siano ancora in vita) in cambio del ritiro dell’esercito israeliano da Gaza e il rilascio di molti prigionieri palestinesi.
“È una proposta che fino a questo momento non è stata accettabile per Israele” afferma la giornalista del Venerdì di Repubblica Francesca Caferri. “Gira nei corridoi da settimane, se non da mesi. L’ha resa pubblica Gerson Baskin, che è il negoziatore che riportò a casa il soldato israeliano Gilad Shalit, rapito da Hamas più di dieci anni fa. Ecco, fino ad ora a questa proposta Netanyahu, più che Israele, ha sempre detto di no, perché vuole tenere sotto il suo controllo due vie di accesso fondamentali: il corridoio costruito qualche mese fa che taglia a metà la Striscia e la cosiddetta “Philadelphia Road”, al confine con l’Egitto. Bisognerebbe vedere ora se è cambiato qualcosa e cosa dopo la morte di Yahia Sinwar.
Il ministro della difesa israeliano Gallant ha detto che Israele non può raggiungere tutti gli obiettivi con mezzi militari, e che per far tornare a casa gli ostaggi rapiti da Hamas, occorre fare delle concessioni dolorose. C’è un cambio di tono, da parte israeliana?
“Gallant sostiene da mesi - e con lui i vertici delle forze armate - che è arrivato il momento di un accordo e che più di questo non si può fare per riportare a casa gli ostaggi. Dopo la morte di Sinwar lo sostiene con ancora più forza. Ancora una volta, dipende da Netanyahu. Il primo ministro, finora praticamente da solo, ha sostenuto che è necessario continuare con l’offensiva militare per riportare a casa gli ostaggi. Qual è allora il mandato che è stato dato ai negoziatori israeliani? Fino a dove possono spingersi nelle concessioni? Ecco, questo non è ancora chiaro”.
Francesca Caferri
RSI Info 27.10.2024, 19:21