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Addio motori termici? La data del 2035 torna in discussione

L’UE riesamina il divieto e potrebbe (ri)aprire alle cosiddette ibride plug-in. Queste ultime, però, secondo studi inquinano molto di più di quanto dichiarato

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Radiogiornale delle 12.30 del 24.10.2025: Le spiegazioni di Matteo Burkard

RSI Info 24.10.2025, 12:30

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Di: Radiogiornale - Matteo Burkard / pon 

Il vertice dell’Unione europea di giovedì ha rimesso in discussione la misura più simbolica del “patto verde” che dovrebbe portare i Ventisette verso la neutralità carbonica nel 2050, quella che vuole vietare la vendita di vetture con motori a combustione a partire dal 2035. Nelle conclusioni i leader accolgono “con favore l’intenzione della Commissione europea di portare avanti” già entro la fine di quest’anno la revisione del regolamento sulle emissioni di CO2 per l’automotive”. Ma su questo punto gli Stati membri sono divisi: favorevoli a mantenere l’obiettivo Francia e Spagna, contrari Paesi come la Repubblica Ceca ma soprattutto la Germania, intenzionate a difendere con i denti la propria industria. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz aveva preannunciato l’intenzione di “fare tutto il possibile per togliere il divieto”, in un contesto industriale di difficoltà per la prima economia europea e per il suo settore di punta, proprio quello delle vetture.

Secondo quanto anticipato in febbraio dal settimanale tedesco Der Spiegel, l’Europa potrebbe concedere una deroga per le auto appartenenti alla categoria delle ibride plug-in (PHEV). Queste dispongono di un motore termico, utilizzato in particolare per i viaggi più lunghi, e di uno elettrico ricaricabile con una fonte esterna (presa o colonnina). È quanto teme anche Transport & Environment, associazione mantello che raggruppa organizzazioni ecologiste di tutto il continente, Svizzera compresa, e da oltre 30 anni fa lobby a livello europeo in favore di standard elevati, avendo contribuito a far scoppiare anche lo scandalo del dieselgate.

Emissioni reali molto superiori a quelle dichiarate

Come spiegato dal collega Matteo Burkard al Radiogiornale della RSI, in un rapporto pubblicato il 16 ottobre l’organizzazione contesta i dati relativi all’inquinamento causato da questa categoria di veicoli e da una loro specifica variante in particolare, i cosiddetti extended range electric vehicles in cui il motore a combustione ricarica la batteria di quello principale elettrico, quando è consumata.

Nelle conclusioni si legge che le emissioni reali dei PHEV registrate nel 2023 sono cinque volte quelle ufficiali e che il gap fra ciò che viene stimato e annunciato dai produttori e quello che effettivamente si misura si sta allargando invece di richiudersi. Questo perché i fabbricanti ritengono che gli automobilisti viaggino con il motore elettrico l’83% del tempo, mentre in realtà è il 27%. L’UE ha già deciso nel 2023 che i parametri di calcolo andranno adattati, dal 2027, ma resterà comunque una differenza del 18%.

Inoltre, anche quando il motore elettrico è in funzione, per un terzo del tempo viene supportato da quello termico. Le emissioni di CO2 non sono quindi nulle.

E stando a un altro studio, il consumo reale delle ibride plug-in è solo di circa un quinto inferiore a quello delle auto a benzina, e non del 75% come sostenuto dai test ufficiali.

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