Analisi

Armi americane a Taiwan? Sì, ma in ritardo

Sull’isola c’è il timore che il conflitto in Medio Oriente possa incidere sulle priorità degli USA dando spazio alla Cina e i militari si lamentano dei costanti ritardi nelle consegne

  • 7 novembre 2023, 05:58
  • 10 novembre 2023, 14:57

Radiogiornale 12.30 del 06.11.2023: il servizio di Lorenzo Lamperti

RSI Mondo 06.11.2023, 17:56

  • keystone
Di: Lorenzo Lamperti

Due battaglioni di truppe di terra, pronti a partire per gli Stati Uniti per un programma di addestramento. Le truppe non provengono da un posto qualsiasi, ma da Taiwan. Mentre già si combatte in Ucraina e in Medio Oriente, una delle priorità degli Stati Uniti è evitare di dover combattere in Asia-Pacifico. Anche perché in caso di azione militare della Cina sullo Stretto di Taiwan, c’è il rischio che il confronto possa diventare diretto tra le due grandi potenze.

La Repubblica Popolare Cinese continua a rivendicare Taiwan come parte del proprio territorio e lo status quo che ha retto dal 1949 in avanti vacilla. Washington interpreta ogni manovra militare di Pechino come un passo verso la “riunificazione” con la forza, che lo stesso presidente Xi Jinping non ha mai escluso. Pechino interpreta invece ogni manovra diplomatica o assistenza militare di Washington come un sostegno all’indipendenza formale di Taiwan. Sullo sfondo, le cruciali elezioni presidenziali del 13 gennaio, che vedono al momento favorito Lai Ching-te, il candidato più inviso al Partito comunista cinese.

In questo scenario, gli Stati Uniti sono convinti che aumentare il sostegno difensivo a Taipei possa scongiurare un attacco cinese. Negli scorsi mesi, la Casa bianca ha annunciato il primo invio di aiuti militari a Taipei basato sull’autorità presidenziale, la stessa che Joe Biden ha utilizzato a più riprese per l’Ucraina. Poi ha approvato per la prima storica volta l’invio di aiuti militari riservati solitamente a paesi sovrani riconosciuti dalle Nazioni Unite. Solo 80 milioni di dollari, che non bastano certo a cambiare gli equilibri militari che sono sempre più sbilanciati a favore di Pechino. Ma a livello simbolico si tratta di un segnale importante: non si tratta di vendite o prestiti come sempre sin qui, ma di soldi provenienti dai contribuenti americani. 

Il messaggio recapitato a Pechino (e Taipei) è che la tradizionale ambiguità strategica che ha regolato i rapporti tra USA e Taiwan sta acquisendo sempre maggiore chiarezza. Anche perché, durante la sua presidenza, Joe Biden ha paventato per quattro volte un possibile intervento militare a difesa dell’isola.

Eppure, a Taipei c’è qualche preoccupazione sulle tempistiche. Dopo gli annunci, servono però le consegne. Da tempo, i funzionari della difesa lamentano ritardi nell’arrivo delle spedizioni. Alcuni pacchetti di armi approvati nel 2020 non arriveranno prima del 2025. L’invasione russa ha provocato ulteriori rinvii, a causa della necessità di assistenza all’Ucraina. Il timore è che il problema possa acuirsi con le nuove esigenze di supporto a Israele, soprattutto se il conflitto dovesse allargarsi. Un sentimento condiviso da tutti gli alleati asiatici di Washington. Non a caso, nei prossimi giorni il segretario di Stato Antony Blinken sarà in viaggio tra Giappone, Corea del Sud e India.

A microfoni spenti, si critica poi l’assenza quasi totale di trasferimento tecnologico: i mezzi dell’esercito taiwanese, spesso antiquati, devono essere spediti negli Stati Uniti per essere riparati o aggiornati. E viene sottolineata anche la quasi inesistente interoperabilità tra le forze armate. L’invio di truppe negli Usa e il contestuale arrivo di addestratori statunitensi a Taiwan, di cui ha dato notizia la Bbc, è un inizio. Per i media taiwanesi sarebbe vicina anche l’acquisizione del sistema di comunicazioni tattiche Link 22 dotato di tecnologie Nato. Un passo ritenuto fondamentale, visto che Taiwan non dispone di un proprio sistema satellitare. Nei mesi scorsi si era parlato anche di un possibile deposito di armi sull’isola. Sul fronte interno, dal 1° gennaio entra invece in vigore l’allungamento del servizio militare da 4 a 12 mesi.

Le lacune da colmare restano molte, ma gli Usa sembrano voler accelerare sulla riqualificazione dell’esercito taiwanese. Riavviando allo stesso tempo il dialogo con la Cina, come dimostra il probabile incontro tra Biden e Xi a San Francisco di metà novembre. A Taiwan si avvicinano le urne e si spera che, oltre le armi, la diplomazia consenta di puntellare uno status quo in via di erosione.

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