È passato esattamente un anno da quando l’Azerbaigian con una rapida operazione militare, in soli due giorni, ha invaso e conquistato ciò che restava della regione autonoma indipendente del Nagorno Karabakh, storicamente popolata da armeni. Una mossa che aveva costretto praticamente tutta la popolazione residente (circa 120’000 persone) a emigrare altrove, soprattutto in Armenia. Il tutto è avvenuto nel quasi totale silenzio della comunità internazionale, mentre molti osservatori hanno denunciato il rischio di una pulizia etnica.
Il Nagorno Karabakh, ufficialmente Repubblica dell’Artsakh dal 2017, era uno Stato autoproclamatosi indipendente e riconosciuto solo da tre Stati non appartenenti all’ONU. L’Azerbaigian ha sempre ribadito la sua sovranità sull’area, confermata dal diritto e dalla comunità internazionale (sin da una risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU).
Chi c’è nella regione un anno dopo?
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Da mesi nella regione è ora in atto un ripopolamento di cittadini azeri, favoriti da un programma voluto dal Governo azero per permettere agli sfollati degli anni ‘90 di tornare a vivere nell’area, in nuove residenze messe a disposizione da Baku. “Restano invece vuote le case abitate fino allo scorso anno dagli armeni - spiega Luca Steinmann, collaboratore della RSI che ha visitato la regione - ci sono cittadine e villaggi completamente spopolati”.
“Attualmente - sottolinea Steinmann - sono circa 8’000 le persone installatesi e il numero è destinato ad aumentare molto. C’è molta attività nelle pianure, dove lavorano gli sminatori che stanno bonificando l’area”.
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La storia del Nagorno Karabakh
La regione autonoma del Nagorno-Karabakh è figlia dell’Unione Sovietica. Una terra semplice, promessa agli armeni cristiani all’interno di un Paese musulmano come l’Azerbaigian. Una volta crollata l’Unione Sovietica, nel 1991, il Nagorno Karabakh si è autoproclamato “indipendente” dall’Azerbaigian, che per questo è entrato in guerra contro l’Armenia, causando tra il 1994 e il 1995 30’000 morti e un milione di sfollati.
La vittoria armena ha congelato il conflitto per molti anni, con i due eserciti separati da una linea di contatto ben definita (anche se in realtà non sono mancati degli sporadici incidenti), fino a quando nel 2020 l’Azerbaigian si è preso la rivincita e in 44 giorni ha conquistato quasi tutta la regione, che Baku non aveva mai smesso di considerare abusivamente occupata.
Agli armeni è così rimasta solo una piccola porzione di terra, collegata all’Armenia da un’unica strada, il corridoio di Lacin, sul quale la Russia avrebbe dovuto vegliare, ma che in realtà l’Azerbaigian ha più volte occupato. La Russia temeva che da lì potessero transitare armi, ma di fatto a essere bloccato è stato il passaggio di cibo e beni essenziali, causando una terribile crisi umanitaria e accrescendo la rabbia degli armeni contro gli azeri.
In questo scenario si è arrivati al 19-20 settembre 2023, quando l’Azerbaigian ha sferrato l’attacco finale, la terza offensiva in 30 anni, e ha convinto il presidente del Nagorno Karabakh a sciogliere la regione indipendente da gennaio 2024.
Oggi gli armeni vorrebbero tornare a casa, ma gli azeri hanno quasi azzerato le tracce della loro civiltà, come le chiese convertite in moschee.
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