Dentro le isole-prigione dell’Europa 

Viaggio nei centri chiusi per migranti delle isole greche, finanziati anche dalla Svizzera: dove bambini e famiglie vivono senza acqua, cure e diritti

  • Un'ora fa
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Samos, sull’isola greca porta orientale d’Europa

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I turisti scendono dal traghetto trascinando rumorosamente i trolley. Si fanno ombra coi cappelli di paglia e contrattano il noleggio dei motorini, il vento delle isole greche taglia l’aria bollente.

All’angolo della banchina due bambini tendono una canna di bambù con attaccata una lenza. Il loro viaggio non è stato così semplice. Maria ha tre anni e mezzo e Alì cinque. Sono con i rispettivi papà. Le loro mamme sono rimaste in Siria con i fratelli piccoli. “Sono troppo deboli per affrontare il viaggio” dice un papà.

Solo la tratta dalla Turchia, pochi chilometri da Samos, costa in media 4000 euro.

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Negli ultimi dieci anni in questa parte del mediterraneo orientale sono morte 3’500 persone. Su quasi 30 mila in tutto il Mediterraneo.

In una caletta remota a nord-est dell’isola giacciono resti di gommoni, pezzi di scafi e coperte bagnate. Il sentiero tra i mirti e gli ulivi che risale verso la strada è costeggiato da filo spinato. È uno dei principali punti di arrivo.

Chi arriva dal mare viene portato nel “centro chiuso ad accesso controllato” costruito di recente nell’entroterra.

Alì, Maria e i loro papà sono in questo centro da otto mesi. La loro procedura, in quanto siriani, è bloccata della caduta del regime di Bashar al Assad.

Pescano nel porto perche nel centro non c’è cibo a sufficienza.

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Samos, dove finisce l’Europa

Falò 02.12.2025, 20:55

  • rsi

I centri chiusi ad accesso controllato: un “disastro umanitario” nuovo modello per l’Europa

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Nel settembre 2020, dopo che un incendio ha devastato il campo di Moira sull’isola di Lesbo, la Commissione Europea ha deciso di costruire cinque nuovi centri sulle isole greche per un costo di 276 milioni di euro. Anche la Svizzera finanzia questi centri.

I “centri chiusi ad accesso controllato” (CCAC) sono altamente sorvegliati dalla polizia, tutta la procedura di esame delle richieste di asilo è centralizzata qui e le espulsioni avvengono con procedure accelerate. Per i primi 25 giorni sono previste misure detentive.

L’accesso ai giornalisti è sistematicamente negato: la nostra richiesta è stata respinta con il pretesto delle dimissioni — coincidenti con la nostra istanza — del ministro della Migrazione, sotto inchiesta per uso improprio di fondi europei.

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Il centro, destinato a 4000 persone, è stato progettato come una distesa di container e asfalto senza ombra.

C’è acqua solo due volte al giorno. Non c’è acqua calda. Nessun riscaldamento in inverno. Manca un’assistenza medica continua. Il progetto Ippocrate finanziato da IOM, organizzazione Internazionale delle Migrazioni, ha un medico e due infermieri, non può fornire farmaci su prescrizione ed è assente fuori dagli orari di ufficio e nei fine settimana.

Un terzo della popolazione del centro è costituita da bambini, più di un quarto sono donne.

Il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esiliati (ECRE) un’alleanza di 122 ONG denuncia condizioni indegne, Amnesty lo defisice un incubo distopico.Persino Medici senza Frontiere ha un accesso limitato: può entrare solo 3 volte a settimana con ambulatori mobili.

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“L’Unione Europea aveva promesso centri conformi agli standard europeri di dignità e diritti umani ma ciò che vediamo sono condizioni degradanti e disumane” afferma Camille Mur, di Medici Senza Frontiere. A causa dell’insufficienza di igiene proliferano malattie come la scabbia, 100 nuovi casi al mese, malattie gastrointestinali e respiratorie. Sono stati registrati casi di malnutrizione infantile.

Il centro, nel mezzo di una zona militare, si trova a 7 km dal primo abitato, ed è circondato da doppio filo spinato.

L’autobus per raggiungere i servizi primari costa 2 euro a tratta. Una spesa che in molti non si possono permettere: da 9 mesi la Grecia ha cessato l’indennità mensile che dovrebbe essere garantita ad ogni richiedente asilo.

Taha, 9 anni, sta camminando lungo la strada insieme al fratello maggiore: “è una prigione, ci sentiamo intrappolati in un vuoto, un inferno da cui nessuno esce sano. Vivere in Afganistan era più facile.”

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Le aree sicure per minorenni non accompagnati finanziate dalla Svizzera

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La Svizzera ha finanziato con 4,86 milioni di euro ( da inizio 2024 fino a ottobre 2025) l’assistenza ai richiedenti asilo minori non accompagnati nelle cosiddette “aree sicure” all’interno dei centri delle isole greche.

Quella di Samos, in particolare, è finita più volte nel mirino della giustizia: è stata oggetto di una sentenza di un tribunale amministrativo greco e di due sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che hanno imposto di ricollocare i minori in rifugi adeguati e di garantire condizioni minime di dignità.

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In seguito a queste sentenze, sono stati evacuati 200 adolescenti. Al momento della nostra presenza sull’isola si trovavano ancora all’interno dell’ area circa quindici ragazzi.

“È qualcosa che vorrei dimenticare di avere visto” racconda Said Al Khame che ha lavorato come interprete nell’area sicura e ha deciso di licenziarsi per via delle condizioni che definisce spavetose e disumane.

Da noi interrogata sulle condizioni critiche documentate nelle aree finanziate dalla Svizzera, la Segreteria di Stato della Migrazione, afferma di “aspettarsi che gli standard internazionali in materia di diritti umani siano rispettati” e di “collaborare strettamente con le autorità partner greche per migliorare la situazione dei richiedenti l’asilo minorenni non accompagnati in Grecia.”

Alla domanda se vengano svolte attività di controllo, la SEM afferma di garantire “una supervisione continua e regolari visite di monitoring nelle aree sostenute”.

La Svizzera ha rinnovato i finanziamenti alla Grecia attraverso il secondo contributo a favore di alcuni Stati membri dell’UE. Dopo un primo contributo di 40 milioni (2022 – 2026) saranno destinati alla Grecia altri 30 milioni (2025-2029)

Questa cooperazione è finalizzata alla gestione dei flussi migratori:è dalla Grecia che arriva la maggiorparte delle persone che chiedono asilo in Svizzera.   

La Svizzera, campionessa di respingimenti di rifugiati verso la Grecia

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Non appena ricevono i documenti che garantiscono la protezione internazionale, i rifugiati riconosciuti sono cacciati dai campi. Medici Senza Frontiere denuncia che anche persone vulnerabili come malati di cancro e mamme sole con neonati sono messi alla porta senza alcun accompagnamento.

“Quando pensano che il peggio sia finito non si rendono conto che inizia per loro un altro inferno” insiste Dimitrios Chulis avvocato della ONG Human Rights Legal Project, “si trovano sull’isola e sono costretti a raccimolare qualche soldo per un biglietto per qualche destinazione in Europa”.

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Lo stesso è capitato a Daniel, 23 anni e a sua mamma Fahima. Appartenenti a una minoranza cristiana fuggita dall’Iran, sono stati sfrattati dal centro e spinti a comprare un biglietto non appena ottenuto lo stato di rifugiati. Hanno raggiunto legalmente la Svizzera dove hanno richiesto una domanda di asilo.

Molte persone che hanno ottenuto una protezione in Grecia una volta arrivate in Svizzera ricevono una decisione di rinvio con la motivazione “non entrata nel merito - stato terzo sicuro” e la prassi sta diventando sempre più restrittiva, anche per le famiglie che finora ottenevano ammissioni provvisorie.

Il paese che maggiormente richiede alla Grecia di riprendere i rifugiati è la Svizzera, con dei numeri- solo nel 2024, 1800 richeste – nettamente superiori agli altri paesi.

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A causa della decisione di rinvio, Fahima è stata ricoverata presso la Clinica Psichiatrica Cantonale di Mendrisio.

Il figlio le tiene la mano e la accarezza sul volto. “È meglio morire piuttosto che tornare in Grecia” ci racconta. Ha provato a togliersi la vita. L’ex marito violento da cui sta scappando l’attende in Grecia.

Le minacce di morte, documentate in 5 pagine di messaggi, sono allegate nel ricorso alla SEM ma non sono considerate motivo sufficiente per rivedere la decisione di allontanamento. Per le autorità svizzere, la donna potrà rivolgersi direttamente alla polizia greca una volta sul posto.

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Respinti

Falò 02.12.2025, 20:45

  • rsi

Atene: dove finiscono i rifugiati respinti

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“Finiscono per strada” dichiara Minos Mouzourakis, avvocato di Refugee Support Aegean, “la Grecia rilascia documenti da rifugiato solo sulla carta, nella pratica non è garantito loro l’accesso ai diritti minimi”.

Chi viene rimandato in Grecia, viene rilasciato all’aeroporto della capitale e da qui in poi deve cavarsela.

Ce lo racconta Heyerusalem, una ragazza sola prelevata dal centro di Chiasso e riportata in Grecia nonostante avesse denunciato di aver subito uno stupro: “molte donne vengono violentate durante la permanenza in Grecia ed è successo anche a me.” Una realtà dei campi spesso invisibile segnalata anche dall’alto commissariato ONU per i rifugiati.

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Kidest ha ancora le foto appese alle pareti del periodo che ha passato in Svizzera. Suo figlio le indica e spiega, in perfetteo in inglese, di essere nato in Svizzera. Aveva solo un 1 anno e mezzo quando una notte alla madre sono state messe le manette e sono stati deportati in Grecia. Ma questo Kidest non glielo racconta, “per proteggerlo”, dice sottovoce. In Grecia non hanno avuto diritto ad alcun alloggio, finanziamento o programma di integrazione. Il bambino non ha il pediatra e non ha avuto il dirito di frequantare la scuola dell’infanzia né alcun corso di greco. Ancora oggi, dopo anni, sopravvivono solo grazie agli aiuti di volontari del collettivo “droit de rester” di Losanna e di un’associazione locale. 

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A cura di:Anna Bernasconi (redazione Falò), inviata RSIRedazione RSI Info, adattamento digitale

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