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"Dopo la guerra gli scrittori saranno fondamentali”

Intervista a Michail Shishkin, autore e dissidente russo che da oltre 25 anni vive in Svizzera. "Oggi la Russia è associata ai missili, dobbiamo farla rinascere"

  • 19 febbraio 2023, 20:58
  • 24 giugno 2023, 04:42

Voci dalla Russia, lo scrittore russo contro il regime

Telegiornale 19.02.2023, 21:00

Di: Intervista di Mattia Pacella

Il 24 febbraio prossimo sarà passato un anno dall’inizio dell'invasione russa dell'Ucraina; un lungo anno per molti, anche per Michail Shishkin, scrittore russo, di madre ucraina, naturalizzato svizzero. Da oltre 25 anni vive nella Confederazione. Da qui scrive e fa il dissidente. I suoi libri sono stati tradotti in più di 30 lingue. Shishkin è l’unico scrittore ad aver vinto i tre maggiori premi letterari nel suo paese d’origine, ma dal 2013, non è più rientrato in patria. O meglio, non può più rientrarci, anche se lo volesse, questo dopo aver scritto una lettera aperta contro il Cremlino. Si è dissociato dal Governo, lo ha criticato pubblicamente e ha declinato anche l'invito a partecipare alla fiera del libro di New York con una delegazione di scrittori russi. Da allora è sulla lista nera di Vladimir Putin, ma oggi i suoi articoli vengono pubblicati dalla NZZ, dal New York Times, da Le Monde e dal Guardian. La RSI lo ha incontrato nella sua casa di Kleinlützel, nel Canton Soletta:

Mikhail Shishkin, come ha trascorso gli ultimi 12 mesi e quali sono i suoi pensieri oggi?

"Non è possibile per me, immaginare che sia passato un anno intero di questa guerra mostruosa e spregevole. È inimmaginabile pensare che a scatenare la guerra siano state persone con cui sono cresciuto, con cui studiavo al liceo la lingua russa, i classici russi. Ho vissuto tutta la mia vita poggiando sulle solide fondamenta della cultura russa. E all'improvviso, da un giorno all’altro tutto ciò su cui mi trovavo, mi è stato spazzato via da sotto i piedi e mi sono trovato in un vuoto totale. Non riesco ad accettare che altre persone che come me sono cresciute su questa grande cultura russa, hanno voluto condurre questa vile guerra contro l’Ucraina.

In tutto il mondo oggi ormai la lingua russa è associata alla Russia (di Putin, ndr.). Il mio paese non è più associato alla grande letteratura, alla musica o al cinema russi, ma ai missili che si abbattono sulle città ucraine, uccidendo bambini. Ora, io come scrittore russo, ho una missione: devo dimostrare al mondo che la cultura russa non ha nulla a che fare con questi omicidi, e che la cultura russa è sempre stata il nemico di questo Stato, e il regime è sempre stato il nemico della cultura russa, che in questa guerra è a fianco dell’Ucraina e combatte un nemico comune: il regime di Putin."

Cosa può fare lei come scrittore?

"Ogni giorno passato, per me, è stato un giorno di lotta. Cosa può fare uno scrittore? Può solo scrivere, può solo parlare. E io ho parlato e scritto contro questa guerra tutto l'anno. Ho chiesto solidarietà in tutti i modi per gli ucraini, che combattono per la vostra e la nostra libertà".

In concreto però l’Occidente, Svizzera compresa, cosa può davvero fare per fermare la guerra?

“Questa guerra può essere fermata solo con una vittoria ucraina. Non appena l'Ucraina vincerà, non appena l’Ucraina riprenderà i suoi confini, il regime in Russia semplicemente crollerà. E così la Svizzera, come l'Occidente, possono aiutare l’Ucraina in questa vittoria con le armi.”

Questo argomento, però per certi cittadini europei è difficile da digerire, in molti che si dichiarano pacifisti non vogliono questo. Come spiegare perché, secondo lei, è così necessario sostenere Kiev nello sforzo bellico?

“Ho una domanda per questi pacifisti. Nella Seconda guerra mondiale, come è stato possibile aiutare tutte le persone, che hanno sofferto per quella guerra? In un solo modo: con la sconfitta militare della Germania nazista. Se tutto il mondo fosse stato pacifista, allora oltre all’Italia e alla Germania, il mondo intero sarebbe ora nazista. Immaginate, se l'Ucraina si fosse arresa. In questo momento, i prossimi (ad essere attaccati, ndr.) sarebbero gli Stati baltici e così via.”

Sua madre era ucraina, suo padre russo. La cultura può in qualche modo riunire e rimarginare questa ferita tra ucraini e russi? Che ruolo ha la cultura, secondo lei?

"Quando è iniziata la guerra, ho pensato che per fortuna mia madre e mio padre sono morti molto tempo fa, così da non aver visto questo orrore Cosa può fare la cultura? La cultura perde sempre, quando scoppia la guerra. La letteratura è perdente. Successe la stessa cosa quando iniziò la Seconda guerra mondiale, quando c'erano una grande letteratura tedesca o russa. Cosa poteva fare la grande letteratura russa contro il Gulag? Niente. Ora è lo stesso. Tutti i libri che ho scritto negli ultimi 30 anni, che i miei colleghi e amici hanno scritto, negli ultimi 30 anni, sono riusciti a fermare questa catastrofe? No. È una sensazione di totale impotenza per la letteratura e per la cultura. E ora questo dolore e odio tra russi e ucraini, come si può superare? Mio padre era un ragazzo, aveva 18 o 19 anni, durante la Seconda guerra mondiale. Ha passato tutta la vita a odiare i tedeschi e tutto ciò che è tedesco. Quando da giovane io ho cercato di dire a mio padre: 'aspetta un attimo, c'è una bravissima scrittrice tedesca e la lingua tedesca è così bella. Amo la lingua tedesca', questo non ha funzionato.

Quando la guerra sarà finita, cosa potremo dire agli ucraini, che hanno visto le loro case distrutte dai missili russi o i loro cari uccisi dai soldati russi? Cosa diremo loro? Che la letteratura russa è così meravigliosa? Che esistono romanzi così belli? Che la lingua russa è così bella? Non funzionerà. Ma d'altra parte, non c'è altro modo, se non attraverso la cultura, per superare tutto quest'odio e questo dolore. Così è stato dopo ogni guerra, ma in tempo di guerra sono le armi che contano. Ma dopo la guerra, sono gli scrittori… gli scrittori diventano importanti. E possiamo constatare che dopo ogni guerra c'è stata un'ondata immensa di grande letteratura, perché la letteratura è un’opportunità per le persone di superare ciò che vogliono. E non ho dubbi che una nuova sorprendente ondata arriverà della letteratura ucraina. E non ho dubbi che ci sarà anche un nuovo grande romanzo russo, in cui lo scrittore, che forse è ancora un giovane scrittore, o che forse è stato appena mobilitato e che ora è seduto in trincea da qualche parte e non sa ancora di essere uno scrittore, si porrà delle domande: di chi è la colpa? Cosa si può fare? Perché è successo? Perché noi russi ci siamo rivelati fascisti? E il suo romanzo risponderà a queste domande. E credo che questo enorme fossato, pieno di odio, i primi ad attraversarlo saranno artisti, scrittori e musicisti, ucraini e russi. Forse ci sarà una sorta di concerto. E sarà l'inizio di un nuovo riavvicinamento".

A un certo punto lei ha scritto che teme che gli ucraini non perdoneranno la Russia e i russi: cosa vuole dire loro affinché possano davvero perdonare?

"È una domanda molto difficile. Non so se esiste una risposta. Mi addolora vedere come in Ucraina si abbattono monumenti di Pushkin. Ma posso capire il perché. Perché il loro Pushkin non è il mio. Pushkin è stato usato dal regime di Putin, lo hanno messo ovunque come simbolo coloniale per dire: 'Eccoci qui, abbiamo messo Pushkin in questo luogo e questo significa che ci appartenete, e che siete la nostra colonia'. Ed è per questo che c'è questo odio: non per Pushkin, non per le sue poesie. È l'odio verso l’impero. Così, quando demoliscono le sue statue, posso capirlo.

Sì, stanno combattendo l'impero in questo modo. Non ha nulla a che fare con Pushkin in sé. Spero davvero che un giorno qualcuno potrà mettere una buona parola per Pushkin, lo difenderà, ma deve essere qualche poeta ucraino. E a me per qualche motivo, sembra che prima o poi, forse se non in questa generazione in un’altra, arriverà un poeta ucraino a dire che dovremo vivere in un mondo in cui c'è anche Pushkin, perché Pushkin non è un segno dell’impero, ma è un segno della nostra cultura mondiale universale".

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