Donald Trump vuole costruire una “Riviera del Medio Oriente” sulle rovine di Gaza e suo genero Jared Kushner è uno dei grandi ispiratori di questo piano che prevede il trasferimento della popolazione e il collocamento del territorio palestinese sotto amministrazione statunitense.
Donald Trump aveva lanciato a febbraio l’idea di una presa di controllo della Striscia di Gaza da parte degli Stati Uniti per farne la “Riviera del Medio Oriente”, una volta svuotata dei suoi abitanti che potrebbero secondo lui essere spostati verso l’Egitto e la Giordania. Secondo un documento rivelato il 1° settembre dal Washington Post, il piano della Casa Bianca prevede lo spostamento “volontario”, con aiuti finanziari in vista, dei circa due milioni di abitanti di Gaza. Il territorio palestinese sarebbe posto sotto amministrazione a stelle e strisce per dieci anni per trasformarlo in un centro turistico e tecnologico.
La riviera di Gaza (Tout un monde, RTS, 08.09.2025)
Jared Kushner e la sua visione immobiliare del conflitto
Ora, Jared Kushner, il genero del presidente americano, è molto coinvolto in questo progetto chiamato “GREAT Trust” (“Gaza Reconstitution, Economic Acceleration and Transformation Trust”). Il marito di Ivanka, consigliere alla Casa Bianca durante il primo mandato di Donald Trump, era così uno dei partecipanti alla riunione dedicata al futuro di Gaza, il 27 agosto alla Casa Bianca.
Questo piano corrisponde infatti al progetto di Jared Kushner dall’inizio della guerra nell’ottobre 2023. Nel febbraio 2024, indicava così che “le proprietà sul lungomare a Gaza potrebbero avere un grande valore, se le persone si concentrassero sullo sviluppo delle loro condizioni di vita. La situazione è un po’ spiacevole lì, ma dal punto di vista di Israele, farei del mio meglio per espellere le persone e pulire tutto dopo.”

Il Gaza Resort
Telegiornale 06.09.2025, 20:00
Il genero del presidente è un promotore immobiliare, come suo padre Charles Kushner, oggi ambasciatore degli Stati Uniti a Parigi, come suo suocero Donald Trump e come Steve Witkoff, l’emissario degli Stati Uniti in Medio Oriente. Proviene da una famiglia ebraica ortodossa, molto vicina a Benjamin Netanyahu, di cui condivide le visioni sul conflitto israelo-palestinese.
Anthony Samrani, caporedattore de l’Orient le Jour a Beirut, indica ai microfoni della RTS che il piano Riviera deriva da “una visione economica e finanziaria di un problema che è tuttavia fondamentalmente politico. È l’idea che tutto si possa comprare, che Gaza (...) possa essere un territorio molto interessante per fare affari e che l’unico ostacolo in questo grande progetto immobiliare siano i 2,5 milioni di abitanti di Gaza che vivono ancora nell’enclave”.
Fin dal suo arrivo alla Casa Bianca, dove pilotava il dossier Medio Oriente, Jared Kushner voleva finirla con la soluzione a due Stati e una risoluzione politica del conflitto, per concentrarsi sulla prosperità economica della regione. Questa visione è al centro degli accordi di Abramo, di cui è l’artefice. Gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein, il Marocco e il Sudan hanno firmato nel 2020 e 2021 questi accordi per normalizzare le loro relazioni con Israele.

Jared Kushner in una fotografia del 2017
Gli affari della famiglia Trump nei paesi del Golfo
Seguendo questa logica, Donald Trump e Jared Kushner puntano sui capitali del Golfo per finanziare la ricostruzione di Gaza. Ora, la famiglia Trump sviluppa i suoi progetti immobiliari nel Golfo da più di vent’anni, con torri Trump a Dubai, Jeddah, Riyadh, complessi alberghieri, così come club di golf in Oman, negli Emirati e in Arabia Saudita. Questi affari sono gestiti oggi dai figli di Donald Trump, Don Jr e Eric, a capo della Trump Organization. Jared Kushner ha la sua propria società di investimenti di capitale, Affinity Partners, che conta fondi sovrani sauditi, qatarioti ed emiratini, tra i suoi principali investitori.
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La sorte riservata alla popolazione palestinese potrebbe tuttavia frenare gli appetiti delle monarchie petrolifere, spiega Célia Belin, specialista in politica estera americana al Consiglio europeo delle Relazioni estere. “Penso che ci sia comunque un limite alla capacità di questi Stati arabi, anche se si sono poco preoccupati della sorte dei Palestinesi per decenni. Penso che non possano attivamente partecipare, quali che siano le speranze di guadagno, allo svuotamento etnico della Striscia di Gaza come progetto”, stima la ricercatrice, intervistata dai nostri colleghi romandi.
Ma non abbastanza per condannare al fallimento le ambizioni americane, secondo Anthony Samrani, che ricorda che “Israele sta negoziando con diversi paesi africani perché accolgano rifugiati palestinesi. L’idea di svuotare l’enclave poco a poco della sua popolazione, dato che nessuno si sta mettendo di traverso al progetto israeliano a Gaza, è possibile nel medio-lungo termine”. “Anche questo progetto di Riviera, che sembra totalmente inverosimile, è possibile. Ciò che è impossibile a mio avviso, è presentarlo come una soluzione al conflitto. Può accadere, ma non è una soluzione”, conclude il caporedattore de l’Orient le Jour.

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