Duane “keffe D” Davis, 60 anni, ex membro di una gang: è lui l’uomo che ieri, venerdì, è stato arrestato a Las Vegas con l’accusa di omicidio per la morte, quasi trent’anni fa, di Tupac Shakur, rapper statunitense vittima di un’esecuzione in piena regola.
La notizia è stata comunicata ieri dalla polizia cittadina ed è subito rimbalzata sui media internazionali: Tupac aveva 26 anni quando è stato ucciso il 7 settembre del 1996; era un cantante di fama internazionale arrivato all’apice del successo ma le inchieste che si sono susseguite nei decenni – e che videro coinvolto anche l’FBI – non hanno mai permesso di fare piena luce sui contorni della sua morte, tanto che negli anni si sono diffuse diverse teorie del complotto, anche piuttosto strampalate.
Il regolamento di conti
Davis era già finito nel radar delle forze dell’ordine, in quanto parente di un altro uomo collegato alla morte di Tupac, raggiunto da diversi colpi di pistola mente si trovava a bordo di una BMW che viaggiava lungo la Strip, la strada più famosa di Las Vegas, illuminata a giorno da migliaia di neon e che fiancheggia i principali Casinò. I colpi furono esplosi da una Cadillac bianca, al cui interno c’erano quattro uomini: uno di loro aprì il fuoco all’altezza di un semaforo rosso, crivellando di colpi il lato passeggero. Tupac, seduto di fianco al conducente, venne colpito quattro volte, almeno due proiettili lo raggiunsero al petto. Morì sei giorni dopo in ospedale.
Stando a nuovi dettagli raccolti negli anni dagli investigatori e resi noti in queste ore dall’Associated Press (AP), Duane “keffe D” Davis era a bordo di quella Cadillac bianca.
La foto segnaletica di Davis
La perquisizione a luglio
A luglio, la polizia eseguì un mandato di perquisizione a casa di Davis a Henderson, Nevada. Davis, è emerso, è lo zio di un quello che fu uno dei rivali di Tupac, tale Orlando Anderson, finito invischiato in una rissa con l’entourage del rapper la stessa notte della sparatoria, a margine di un incontro di box tra Mike Tyson e Bruce Seldon.
Stando a AP, gli investigatori hanno raccolto computer, telefoni cellulari, documenti vari e una copia del libro di memorie dello stesso Davis, pubblicato nel 2018 dopo che gli venne diagnosticato il cancro. Lui, figlio della strada, in quelle pagine ripercorre la sua vita sregolata e si sofferma pure sulla sparatoria di quel 7 settembre di 27 anni fa. In altre occasioni, aveva pure spiegato di essere stato lì quella notte, ma che i colpi d’arma da fuoco vennero esplosi dal retro della Cadillac mentre lui si trovava davanti, di fianco al conducente.
Dichiarazioni che unite alle prove materiali raccolte negli ultimi mesi hanno spinto le autorità, per alcuni con notevole ritardo, ad arrestare Davis, nel frattempo già incriminato dal Gran Jury (l’organo competente per promuove le accuse sulla base delle prove raccolte dagli inquirenti, ndr.).
Stando ai giudici, inoltre, è stato proprio lui - l’unico fra i passeggeri della Cadillac bianca a essere ancora in vita - ad aver organizzato il regolamento di conti. E anche se Davis non avesse realmente esploso i colpi, l’accusa non cambierebbe ai sensi del diritto statunitense: “In virtù della legge del Nevada – ha ricordato il procuratore Steve Wolfson – lei, signor Davis, può essere incolpato dello stesso crimine, sia come autore sia come complice”.
Un murales a Bellflower, California
Fra le figure più prolifiche della storia dell’hip hop
Tupac Shakur è stato una delle figure più prolifiche dell’hip hop statunitense. Nonostante la sua carriera discografica sia durata solo circa cinque anni, ha venduto oltre 75 milioni di dischi. Si cimentò anche con il cinema e fu attivista per i diritti civili.
La morte di Tupac avvenne nel corso di una faida con un’altra figura prominente dell’hip hop: Notorious B.I.G, ucciso pure lui a colpi di pistola sei mesi dopo i fatti di Las Vegas.
Tupac Shakur ebbe anche problemi con la legge: nel 1994 venne per esempio condannato per abusi sessuali su una fan, scontando diversi mesi di prigioni nello Stato di New York.
Durante la carcerazione, cambiò stile di vita e si avvicinò a vari leader nel movimento per l’emancipazione afroamericana.
In una foto del 1993