Reportage

Il nuovo volto delle chiese anglicane, dalle preghiere fino al wrestling

Attività culturali, momenti informali e iniziative locali entrano in strutture un tempo riservate al culto, rafforzando il tessuto sociale

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Il nuovo volto delle chiese britanniche

Falò 23.12.2025, 21:00

Di: Loretta Dalpozzo (Falò) 

Tra i banchi di una chiesa storica nella City di Londra, oggi si può bere un caffè, mangiare un panino o lavorare al computer. I tavolini sono inseriti con discrezione tra le panche originali, riutilizzate e ripensate senza snaturare la bellezza dell’edificio. Durante la settimana la chiesa accoglie i colletti  bianchi del centro finanziario per la pausa pranzo, incontri di lavoro o tra amici, mentre la domenica torna ad essere luogo di culto. Un modello sempre più diffuso in Inghilterra per preservare arte, architettura e senso di pace, aprendosi allo stesso tempo a chi, forse, in chiesa non ci andrebbe mai.

La Chiesa anglicana sta cercando di reinventarsi per affrontare una crisi che attraversa l’Europa: il calo dei fedeli, gli alti costi di manutenzione ed edifici storici sempre più difficili da sostenere. In Inghilterra, molte chiese stanno offrendo strade alternative per tenere aperte le porte dei suoi edifici. Concerti, attività per bambini, minigolf, persino eventi di wrestling.

Non è cosa rara che quando una chiesa viene ufficialmente sconsacrata, cambia completamente missione. In tutto il Regno Unito, come in altre parti del mondo, ex chiese sono diventate abitazioni private, ristoranti, biblioteche, sale da concerto o piscine. Edifici salvati dal degrado, ma definitivamente separati dal culto che sollevano un importante interrogativo:  meglio perdere una chiesa come luogo di preghiera pur di conservarne l’architettura, oppure reinventarne l’uso mantenendola viva anche spiritualmente?

La Chiesa d’Inghilterra gestisce circa 16’000 edifici, di cui 12’500 tutelati per il loro valore storico. Circa la metà di tutti gli edifici di massimo interesse storico del Paese. Secondo Historic England, quasi mille chiese figurano oggi nella lista degli edifici a rischio, un numero in crescita. La manutenzione ricade spesso interamente su volontari delle parrocchie locali. Non esiste una tassa ecclesiastica, le chiese vivono di donazioni, raccolte fondi e di alcuni meccanismi pubblici di sostegno, come il rimborso dell’IVA sui restauri, oggi però sotto minaccia.

La sfida più grande è trasformarsi, mantenendo la funzione religiosa. In un’epoca di interazioni virtuali e di crescente polarizzazione, questi edifici sono spesso gli unici  luoghi dove le persone possono ancora incontrarsi fisicamente, al di là delle differenze. Soprattutto nelle zone rurali, la chiesa è l’ultimo spazio comunitario ancora aperto, simbolo di identità e coesione sociale, non solo di religione.

Per questo, le idee per non perdere luoghi cruciali per la comunità si moltiplicano. E le sperimentazioni continuano a sorprendere. In una chiesa di Shipley, al nord dell’Inghilterra, sotto le volte gotiche, va in scena regolarmente uno spettacolo che mescola sport, intrattenimento e fede cristiana: il wrestling in chiesa. Sul ring si confrontano atleti, donne e uomini, di tutte le età. Durante la serata, tra una lotta e l’altra, c’è spazio anche per un momento di riflessione sui valori cristiani, sul senso della vita e sulla speranza oltre le difficoltà. C’è chi parla di sacrilegio, chi considera il wrestling incompatibile con uno spazio sacro. Ma gli organizzatori degli eventi sportivi, così come la reverenda della chiesa ricordano che «Gesù non ha detto di restare chiusi negli edifici, ma ha detto di andare nel mondo”. E se questo può sembrare un esempio estremo, ci sono altre attività che animano i luoghi di culto, riuscendo a portare le persone in chiesa con un linguaggio che capiscono. Con circa 80 milioni di fedeli, la Comunione anglicana è la terza confessione cristiana al mondo, dopo la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse. La sua apertura può diventare quindi un modello capace di riportare vita, e persone, nei pulpiti? Il dibattito è aperto. E la risposta, forse, passa anche dalla volontà di servire la comunità in modo diverso, adattandosi per non scomparire.

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