“La transizione in Siria è fragile e i cicli di vendetta e di rappresaglie nel Paese devono cessare”. A un anno esatto dal rovesciamento del regime di Bashar al-Assad, l’8 dicembre 2024, le violenze commesse da quella data hanno provocato nuovi spostamenti di popolazione, secondo quanto dichiarato ieri dalla Commissione internazionale d’inchiesta sulla Siria delle Nazioni Unite. Molti, dopo una guerra durata 14 anni, festeggiano la pace, ma “molti altri si lamentano per la loro sicurezza e molti altri ancora dormiranno nelle tende durante l’inverno”, rilevano gli investigatori dell’ONU.
Uno scenario controbilanciato sul terreno dal ritorno dei siriani fuggiti dal regime. Un reportage di Claudia Cavaliere, trasmesso da SEIDISERA, ha raccontato il ritorno alla vita di Darayya, alla periferia di Damasco, uno dei quartieri più colpiti dalla repressione delle proteste. Le strade oggi sono corridoi tra scheletri di palazzi, tra muri sventrati e polvere che gratta la gola e rimane addosso per giorni. Il 60% dell’area, un anno dopo, è ancora distrutta.
OItre un milione di siriani è però rientrato nel Paese e altri due milioni stanno tornando nei loro quartieri senza mai aver abbandonato la Siria. Tuttavia molti raccontano che il governo non sta facendo abbastanza per aiutarli e la crisi abitativa è gravissima.
“La spartizione tiene unite le milizie al potere”
Sulle condizioni attuali nel Paese e sulla stabilità del nuovo potere, incarnato dal presidente Ahmad al-Sharaa, si è espresso anche il corrispondente Lorenzo Trombetta, ricercatore e autore di diversi libri sulla Siria e il Medio Oriente. “Il nuovo potere - ricorda l’esperto - riceve innanzitutto il sostegno di gran parte dei Paesi occidentali e dei Paesi arabi. Questo è il principale elemento che lo rende per ora stabile”. Detto questo, continua, “non è affatto un potere istituzionale civile, ma è un potere militare composto da un insieme di milizie più o meno radicali con elementi qaedisti jihadisti anche molto forti in certe aree”. Per ora l’unico elemento di coesione, sottolinea, “è quello di spartirsi la torta del nuovo potere o del vecchio potere riciclato con nuovi nuovi slogan e nuove insegne”.

Siria: un paese in cerca di rilancio
Telegiornale 07.12.2025, 20:00
Un altro aspetto ancora irrisolto è la frammentazione territoriale. “Tutto il nord est della Siria - ricorda Trombetta - è controllato dalle forze curdo siriane, che sono anche quelle sostenute dagli Stati Uniti, ma che sono completamente fuori da ogni progetto nazionale. Quindi è una stabilità per ora puntellata dall’Occidente”.
“Ritrovata una relativa libertà”
Accanto a queste note dolenti, vanno rilevati anche gli sviluppi positivi. Tra questi, evidenzia l’esperto di Medio Oriente, “c’è sicuramente la dissoluzione di un potere autoritario durato per più di mezzo secolo. Con le sue prigioni dove per decenni sono state rinchiuse centinaia di migliaia di persone, moltissime delle quali scomparse”. Per Trombetta, “la principale buona notizia è questa ritrovata forma di relativa, e sottolineo relativa, libertà”. La Siria, prosegue, “si è aperta ai giornalisti. Reportage, come quello ascoltato, erano difficili da fare soltanto 13 mesi fa”.
Un’altra apertura è quella alla diaspora. “Sebbene non si riesca a ritornare in massa per tutte le difficoltà ancora esistenti, adesso è possibile rientrare in Siria e in qualche modo negoziare con le élite locali, con i propri familiari rimasti nel Paese. La Siria è adesso relativamente aperta rispetto al passato”.
Come emerso anche dal reportage, i punti che destano preoccupazione sono moltissimi. “La ricostruzione è ferma. Un Paese devastato, nelle società e nelle sue zone rurali, davanti a una decisione politica locale e internazionale che manca del tutto. Si fanno tanti discorsi, sugli investimenti dei Paesi arabi del Golfo per tirare su nuove torri, nuovi alberghi, nuove zone residenziali, quando Aleppo, Homs e tutta la cintura della miseria di Damasco, come Daraya, sono completamente a terra. Annientate, con l’impossibilità delle persone di tornare nelle loro case. Questo è il principale problema”.
Un altro punto critico, conclude Trombetta, sono le spartizione territoriali. “Ci sono ancora quattro eserciti che occupano illegalmente o legalmente, ma comunque occupano la Siria, gli Stati Uniti, la Russia, Israele, la Turchia. Infine c’è un potere interno che, come il regime precedente, sta accentrando tutti i poteri sull’autoproclamato presidente Ahmad al-Sharaa. Questo anche è molto preoccupante, perché stiamo andando verso un nuovo potere autoritario, che non guarda certo al pluralismo”.

Siria, Palmira vuole rinascere
Telegiornale 07.12.2025, 12:30

Pochi rientri in Siria dalla Svizzera
Telegiornale 12.11.2025, 20:00








