Le partnership sono importanti, ma non abbastanza per correre rischi troppo elevati di contraccolpi economici. La Cina sceglie la strada della cautela sul petrolio della Russia, come le è già capitato in altre occasioni, nonostante la profondità dei rapporti tra i due Paesi.
Secondo Reuters, quattro delle principali compagnie petrolifere nazionali cinesi (PetroChina, Sinopec, CNOOC e Zhenhua Oil) hanno deciso di sospendere gli acquisti di petrolio russo via mare. La notizia non trova conferme da Pechino, dove come prevedibile né il governo né i media statali danno annunci in tal senso. E difficilmente ne daranno, come accaduto nella primavera del 2024 quando diverse banche avevano congelato transazioni finanziarie per l’equivalente di svariate centinaia di dollari statunitensi con Mosca. Il motivo è sempre lo stesso: il timore di sanzioni secondarie, rinvigorito dopo che Washington ha colpito i giganti energetici russi Rosneft e Lukoil. Le misure della Casa Bianca prevedono infatti ritorsioni contro qualsiasi entità straniera che facilita, finanzia o trae profitto da operazioni con soggetti inseriti nelle liste nere del Tesoro americano. Un problema per le compagnie petrolifere cinesi, che dipendono ancora da servizi finanziari e assicurativi occidentali per transazioni, commercio di derivati energetici e coperture assicurative marittime. Non è tutto. Esistono anche timori di potenziali conseguenze sull’importante settore petrolchimico. Diversi prodotti raffinati come gasolio, lubrificanti e polimeri industriali vengono esportati dalla Cina su mercati in cui il dollaro è la valuta di riferimento, in particolare quelli occidentali. Eventuali sanzioni secondarie sul settore potrebbero avere un impatto non banale sul comparto energetico cinese.
Attenzione, però, a credere che la Cina abbia “abbandonato” la Russia o che possa fermare di colpo tutte le importazioni di petrolio russo. Partiamo dal fronte politico. Il caso cinese è assai diverso da quello dell’India. L’apparente stop di Nuova Delhi alle importazioni di petrolio russo via mare arriva al culmine di un sofferto negoziato commerciale con gli Stati Uniti, che hanno imposto anche dazi aggiuntivi del 25% sui prodotti indiani proprio per l’acquisto di petrolio da Mosca. La mossa indiana pare dunque seguire una logica politica e Nuova Delhi potrebbe faticare a proteggersi dalle sanzioni secondarie. La Cina continua invece ad accusare gli USA di “bullismo”, proprio in merito alle mosse di Donald Trump sul petrolio russo. Arduo pensare che il congelamento degli acquisti sia il risultato di un accordo politico con Washington. Si tratta invece di una decisione prettamente operativa con cui Pechino si mette al riparo dalle sanzioni secondarie, quantomeno fino a quando non avrà trovato delle contromisure.
Sul fronte economico, solo una parte delle importazioni cinesi sono coinvolte direttamente nella sospensione. Intanto, circa 900’000 barili di greggio russo al giorno vengono importati dalla Cina tramite oleodotti. Ampia parte di questa cifra è regolata da un contratto a lungo termine siglato da Rosneft e China National Petroleum Corporation (CNPC). Si tratta di un progetto dalla natura intergovernativa che, secondo Bloomberg e Reuters, non dovrebbe subire impatti significativi dalle restrizioni. Via mare vengono invece importati circa 1,4 milioni di barili al giorno. Ma solo una cifra tra i 250’000 e i 500’000 barili è acquistata direttamente dalle compagnie statali che hanno sospeso gli affari. Il resto passa tramite i cosiddetti teapots, le raffinerie indipendenti cinesi che operano in modo più flessibile, spesso tramite intermediari e pagamenti in yuan.
A queste piccole aziende Pechino potrebbe ora affidare un ruolo più ampio, come già avvenuto nel commercio con l’Iran. Proprio l’esperienza iraniana offre un precedente utile: nonostante le sanzioni, la Cina è riuscita ad aumentare l’import di petrolio iraniano grazie a un sistema di trasporto “ombra”, che avrebbe previsto trasferimenti tra navi in mare aperto e triangolazioni con società di comodo. È probabile che tattiche simili vengano ora applicate al petrolio russo, spostando il baricentro delle operazioni dalle grandi compagnie pubbliche ai raffinatori indipendenti. Da capire se gli Stati Uniti avranno la volontà e la capacità di provare a colpire anche le compagnie minori, per incidere in modo più drastico.
In ogni caso, è previsto che almeno per un periodo gli importatori di Cina (e India) saranno costretti a rifornirsi altrove, presumibilmente aumentando gli acquisti dal Medio Oriente o dall’Africa. Questo avrà un impatto sull’export della Russia, ma anche sui costi sostenuti da Pechino, visto che diminuirà l’accesso ai prezzi scontati garantiti da Mosca dopo la guerra in Ucraina. Parallelamente, le sanzioni secondarie porteranno però la Cina (e non solo) ad accelerare la ricerca di contromisure operative, commerciali e politiche.
Russia: gli USA agiscono sul petrolio
SEIDISERA 23.10.2025, 18:00
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