Sette giorni su sette, dodici ore al giorno. Lo sfruttamento dei lavoratori a Prato, il più grande comparto del tessile d’Europa, è una condizione conosciuta, anche alle istituzioni. E tuttavia è difficilissima da arginare.
In un reportage dalla seconda città della Toscana per popolazione dopo Firenze, la terza dell’Italia centrale con circa duecentomila abitanti, SEIDISERA ha voluto documentare la situazione a 12 anni dal rogo che – nella notte tra il 1 e il 2 dicembre 2013 – uccise cinque operai e due operaie cinese. Dormivano nella fabbrica, chiusa dall’esterno, e morirono tra le fiamme.
Oggi i controlli sono aumentati ma lo sfruttamento è una realtà che secondo chi opera a favore dei lavoratori e delle lavoratrici è non solo diffusa e presente, ma è il meccanismo su cui si basa l’economia del distretto della moda: circa 7mila aziende per un export di oltre due miliardi di euro.
Prato ha il record nazionale delle aziende a conduzione straniera (oltre il 34%), e i cinesi sono la comunità di gran lunga più presente, si parla di oltre 30mila persone. Sfruttano e vengono sfruttati, in quella gerarchia che la storia umana ha imparato a creare.





