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Scholz frena sull’export di e-car, ma Xi tira dritto

L’impatto del Dragone sul mercato dei veicoli elettrici al centro dell’incontro tra il cancelliere tedesco e il presidente cinese - Che approva la Conferenza sulla pace, “ma con il sì della Russia”

  • 16 aprile, 19:19
  • 16 aprile, 22:26

Olaf Scholz a Pechino

SEIDISERA 16.04.2024, 18:22

Di: Lorenzo Lamperti

“Anche la Germania sa che la cooperazione non è un rischio”. I media cinesi raccontano così la visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz tra Chongqing, Shanghai e Pechino. Una tre giorni che, secondo la Cina, riafferma un fatto: nessuno vuole (o vorrebbe) fare a meno della partnership con il gigante asiatico. D’altronde, viene fatto notare, insieme a Scholz c’erano anche i manager di diverse grandi aziende tedesche. A partire da quelle del settore dell’auto. Non è un caso che proprio l’automotive sia stato un tema cruciale degli incontri del cancelliere, a partire da quello di martedì col presidente cinese Xi Jinping. È stato lo stesso segretario generale del Partito comunista a menzionare l’argomento, quando ha dichiarato che le esportazioni di veicoli elettrici, così come di batterie al litio e pannelli solari avrebbero alleviato l’inflazione e dato un contributo alla transizione energetica.

L’attacco di Xi al “protezionismo” occidentale

Si tratta di una vigorosa difesa dell’industria tecnologica verde made in China. Un comparto cruciale per Xi, che ne intravede le potenzialità per diventare capofila di quelle “nuove forze produttive” che immagina possano sostenere la trasformazione del modello di sviluppo cinese. Ma proprio l’industria tecnologica verde è finita nel mirino dell’Occidente. Sia degli Stati Uniti, come dimostrato dalla recente visita a Pechino della segretaria al Tesoro Janet Yellen, sia dell’Unione Europea. Nei prossimi mesi, viene ritenuto probabile che Bruxelles introduca nuovi dazi sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi, al termine dell’indagine aperta a inizio anno sui presunti sussidi statali alle aziende private.

Xi ha usato l’incontro con Scholz per attaccare il “protezionismo”, un modo per criticare le possibili nuove tariffe e per ribadire la prospettiva cinese, secondo cui l’Occidente politicizza l’economia perseguendo una “riduzione del rischio” che in realtà, come il leader cinese ha detto nella recente telefonata al presidente statunitense Joe Biden, è “creazione del rischio”. Pechino conta proprio sulla Germania per scongiurare i nuovi dazi o comunque ridurne la portata. Non è un caso che Xi abbia sottolineato che le catene industriali di Cina e Germania sono “profondamente radicate l’una all’altra” e che “i due mercati sono interdipendenti”, con riferimento particolare proprio al settore dell’auto. La Cina è d’altronde il primo partner commerciale della Germania, con un valore di 254 miliardi di euro di interscambio nel 2023 ma una bilancia nettamente squilibrata a favore di Pechino.

L’eccesso produttivo cinese divide i due leader

Ma il tema delle auto elettriche è davvero cruciale per la Cina. Lo dimostra anche la pubblicazione sulla prima pagina del Quotidiano del Popolo, proprio in concomitanza della visita di Scholz, di un lungo articolo interamente focalizzato sui veicoli elettrici e il loro ruolo globale. Il cancelliere tedesco ha garantito che Berlino sostiene il “libero scambio” e si è detto disponibile a svolgere “un ruolo attivo nel promuovere il sano sviluppo delle relazioni tra UE e Cina”. Ma, allo stesso tempo, ha chiesto una “competizione libera e aperta” per le aziende tedesche. E ha sollevato il problema dell’eccesso di produzione cinese. Una questione che non riguarda più solo prodotti come l’acciaio, ma anche e soprattutto auto elettriche e pannelli solari. Il timore è che il drastico aumento dell’export cinese di prodotti a prezzo inferiore possa distorcere il mercato globale e danneggiare le imprese tedesche e in generale europee. Xi ha replicato sostenendo che l’aumento di spedizioni di auto elettriche ha arricchito l’offerta globale, chiedendo di osservare in modo “oggettivo” la questione della capacità produttiva. La Cina non pare per nulla intenzionata a rinunciare a un’importante leva di crescita, peraltro in un settore considerato strategico.

Sul tavolo “crisi Ucraina” e armi

Scholz e Xi hanno parlato “in modo approfondito” anche della “crisi in Ucraina”, che è ancora il modo in cui Pechino definisce la guerra. Non è arrivata nessuna svolta, la Cina mantiene la sua posizione che alcuni analisti hanno definito di “neutralità filorussa”. Il cancelliere ha ribadito la richiesta occidentale alla Cina di “fare di più” per portare Mosca ad accettare una “pace giusta”, che riconosca dunque l’integrità territoriale ucraina. Pechino aggiunge come sempre la necessaria tutela delle “legittime preoccupazioni di sicurezza” della Russia.

Scholz dice di aver parlato a “lungo” della fornitura cinese di “prodotti a doppio utilizzo”, con possibili applicazioni militari. Da Xi ha ottenuto l’opposizione all’utilizzo di “armi nucleari”, elemento che il leader cinese aveva puntualizzato per la prima volta proprio durante la precedente visita del cancelliere tedesco, nell’autunno del 2022. Ma non c’è molto di più. Sui media cinesi si dà molta enfasi ai “quattro principi per la pace” illustrati da Xi, che di fatto ribadiscono la retorica di Pechino sul conflitto. Il presidente cinese dice di non gettare “benzina sul fuoco”, che implicitamente significa “non inviare armi ai due Paesi in guerra”, ma anche di “ridurre l’impatto negativo sull’economia mondiale”. In questo caso si tratta di una nuova critica alle sanzioni occidentali contro Mosca.

Conferenza sulla pace “sì, ma riconosciuta dalla Russia”

Nessuna garanzia anche sulla partecipazione alla conferenza sulla pace in Ucraina che si terrà a giugno in Svizzera. Scholz ne ha parlato con Xi, che inizialmente sembra aprire: “La Cina incoraggia tutti gli sforzi volti alla risoluzione pacifica della crisi e sostiene la tempestiva convocazione di una conferenza sulla pace”, ha detto il leader cinese. Ma è fondamentale l’aggiunta, con cui ha chiarito che la conferenza deve essere “riconosciuta sia all’Ucraina sia dalla Russia”. Un po’ come era emerso la scorsa settimana durante la visita a Pechino del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, la sensazione netta è che la presenza cinese in Svizzera sia legata a quella (poco probabile) di Mosca.

Nel frattempo, Xi è atteso a inizio maggio per la sua prima visita in Europa dopo cinque anni. Le tappe previste sono Francia, Serbia e Ungheria. Paesi che, in modo diverso, hanno per la Cina una dote fondamentale: una certa dose di “autonomia strategica” sia rispetto a Washington che a Bruxelles.

Olaf Scholz in Cina

Telegiornale 16.04.2024, 20:00

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