Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha dichiarato domenica che non si arrenderà alle decine di migliaia di manifestanti che si sono riuniti a Belgrado sabato sera per chiedere elezioni anticipate e ha minacciato ulteriori arresti.

In piazza in Serbia per chiedere il cambiamento
RSI Info 28.06.2025, 21:04
Il raduno è stato uno dei più grandi in oltre sei mesi di manifestazioni lanciate a novembre dopo il crollo del tetto di una stazione ferroviaria nella città settentrionale di Novi Sad. La tragedia, che ha causato la morte di 16 persone, è stata ampiamente attribuita alla corruzione radicata.
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Secondo un organismo indipendente, la manifestazione ha riunito circa 140’000 persone. Le autorità hanno stimato in 36’000 il numero dei partecipanti. In tarda serata sono scoppiati scontri tra gruppi di manifestanti, alcuni dei quali hanno usato granate fumogene, e la polizia, che ha usato gas lacrimogeni e granate stordenti.

L'arresto di un manifestante sabato sera
“La Serbia ha vinto e non si può sconfiggere la Serbia con la violenza, come vorrebbero alcuni”, ha dichiarato Vucic in un discorso pubblico.
“Nessun negoziato con i terroristi”
Accusando il movimento di protesta, guidato dagli studenti, di “terrorismo”, ha detto che ci saranno “molte altre persone arrestate per aver attaccato la polizia”. Non ci saranno “negoziati con i terroristi e con coloro che vogliono distruggere lo Stato”, ha aggiunto.
Secondo il ministro degli Interni Ivica Dacic, la polizia ha arrestato 77 persone, 38 delle quali sono ancora in custodia. Secondo le autorità, 48 agenti di polizia sono stati feriti, di cui uno in modo grave.

Scontri tra manifestanti e polizia
Prima della manifestazione, gli organizzatori avevano dato a Vucic un “ultimatum” per annunciare le elezioni. Domenica, il Presidente ha ribadito la sua intenzione di non tenere elezioni nazionali prima della fine del 2026.
Di fronte al movimento di protesta, a gennaio il presidente serbo si è separato dal capo del governo e da alcuni ministri, accusando i manifestanti di voler fomentare un colpo di Stato, di essere pagati da altri Paesi o di voler attentare alla sua vita.
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